M
 

MACCHIE COLOR ARANCIONE.
 Sono le più frequenti, si riscontrano alla:
- nuca,  e scompaiono in un caso su tre. Comunque anche nell’eventualità che persistessero, tendono a schiarirsi con gli anni e soprattutto sono coperti dai capelli.
- volto, fra le due sopracciglia, la palpebra, al naso, al labbro superiore, al mento, scompaiono entro il primo anno di vita.
- sacrale non scompariranno mai.

MACCHIE MONGOLICHE.
Il 10% dei neonati (1 neonato su 10) in corrispondenza della parte inferiore della schiena o sui glutei presentano zone di pelle, più o meno estesa, che assume una colorazione blu o grigio-ardesia. Queste macchie si chiamano “chiazze mongoliche”. Non c’entra niente il mongolismo, cioè la sindrome di Down, ma si chiamano così perché sono più frequenti nella popolazione dell’estremo oriente.
In genere si trova nella zona sacrale (cioè sopra i glutei). Può essere anche molto estesa fino a occupare gran parte della schiena e il colore può essere più o meno intenso talvolta tendente anche al grigio-ardesia. Anche se in percentuale nettamente inferiore queste macchie possono essere presenti in tutto il corpo.
Regrediscono schiarendosi entro 1 o 2 anni. Non sono una malattia, ma solo una zona di pelle più”colorata”.Nessun problema dunque.

MADRE.
Se la madre lavora fuori casa darà ai propri figli una quantità equilibrata di calorie rispetto alle “casalinghe”, perché avendo meno tempo a disposizione insiste di meno! Non c’è da entusiasmarsi però perché la cronica mancanza di tempo le fa usare più cibi conservati e così i bambini assumeranno un eccesso di grassi con una presenza di colesterolo del 100% in più rispetto alle necessità, di zuccheri semplici dei quali proprio il 30% deriva da cibi pre-confezionati e dalle “merendine”.
È risultato anche che nella dieta c’è sempre una scarsa presenza di proteine vegetali e che le fibre, sempre vegetali, non ci sono quasi mai. I bambini figli delle casalinghe, assumono globalmente una quantità invece eccessiva di calorie rispetto al reale fabbisogno, cioè sono alimentati più del necessario.
C’è anche un’altra differenza: i figli delle “casalinghe” in risposta allo stress tendono ad avere più spesso dolori addominali ricorrenti, quelli delle madri che lavorano cefalea. Deve essere ben chiaro comunque che lavorare è un diritto e una forma di realizzazione personale però non è in antitesi alla maternità.

MALARIA. 
Ogni anno in Italia si hanno circa 700 casi di malaria e un ugual numero di casi di meningite, mentre gli episodi di febbre sono all’incirca 20 milioni.. In questo caso i numeri sono più che convincenti. Infatti la febbre nella quasi totalità è   provocata dai normali virus che circolano soprattutto d’inverno, perché quando fa freddo si tende a stare negli ambienti chiusi dove è più facile scambiarsi gli agenti infettivi.
Sintomi

  • Periodo di incubazione
  • Periodo di prima invasione: febbre (39-40°C) preceduta da brivido, continua, continuo-remittente o irregolare
  • Periodo di stato: è caratterizzato dal tipico "attacco malarico" costituito dalla triade brivido - febbre sudorazione
    • stadio del brivido e del freddo: dura damezz’ora a 2 ore
    • stadio del calore: dura da 2 a 7 ore
    • stadio della sudorazione e della defervescenza: dura 2-3 ore

L'accesso recidiva in terza-quinta-settima giornata..., è la febbre terzana o in quarta giornata, febbre quartana.

Terapia

 Accesso malarico sostenuto da qualsiasi specie di Plasmodium clorochino-sensibile

  • Terapia orale

-     clorochina (Clorochina epr 250 mg=150 mg di Clorochina base); 11 giorno: 10 mg (base)lkg (max 600 mg), seguiti da 5 mglkg (max 300 mg) dopo 6 ore; 20 e 31 giorno: 5 mg (base) kg/die in dose unica
Accesso malarico sostenuto da Plasmodium falciparum clorochino-sensibile

  • Terapia orale

-     chinino solfato 25 mg/kg/die in 3 dosi per 3 giorni (non in vendita in Italia) + associazione pirimetamina + sulfametopirazina in dose unica (Metakelfin cps 25 + 500 mg. 1-4 anni: ½ cpr; 4-8 anni: 1 cpr; 8-14 anni: 2 cpr)
oppure
-     meflochina 25 mg/kg in dose unica (max 1250 mg) (Lariam cpr 250 mg)

  • Terapia parenterale (è uguale nei 2 casi)
    • chinidina gluconato (non in vendita in Italia) 10 mg/kg EV, dose di attacco (max 600 mg) in un'ora, seguiti da 0,02 mg/kg/min in infusione continua fino a che non si possa iniziare la terapia orale.
    • chinino cloridrato 25 mg/kg/die EV in 3 dosi per 3 giorni; max 1800 mg/die (non in vendita in Italia)

Profilassi
Da attuare 7 giorni prima dell’arrivo in zone endemiche, da continuare per tutta la permanenza e per 4 settimane dopo il rientro.

MALATTIA DA GRAFFIO DI GATTO.
Si chiama “malattia da graffio di gatto” (ma oggi si sa che può essere anche colpa del cane). In genere si tratta di cuccioli di cane o gatto, soprattutto maschi, che possono trasportare nell’uomo un germe che si chiama Bartonella Henselae. Dopo 2 settimane dal momento in cui si sia stati graffiati o morsicati iniziano ad ingrossare i linfonodi nella zona vicino alla sede della ferita. In genere ingrossano i linfonodi delle ascelle o del collo perché ,morsi e graffi i bambini li ricevono nelle mani o negli arti superiori. In genere si tratta di una malattia lieve e spesso i linfonodi ingrossati sono l’unico segno clinico (in alcuni casi può esserci febbre, malessere, dolore addominale).
La “malattia da graffio di gatto” nell’80% dei casi si presenta in soggetti di meno di 18 anni, perché sono coloro che giocano di più con gli animali.
I Sintomi.   Decorre in due fasi:
1) Papula (noduli). Tutto inizia con un graffio, un morso o anche una semplice leccata, su una ferita o sulla bocca, data da un gatto o un cane (ma anche scoiattolo o scimmia) di pochi mesi di età, che trasmette così all’uomo la Bartonella henselae.
Dopo un periodo che può variare da un minimo di 3 a un massimo di 30 giorni, ma nella maggior parte dei casi, dopo 1 o 2 settimane, si vedono comparire vicino alla pelle lesionata delle papule (sono noduli rossi e duri di un diametro che varia da 2 a 5 mm), che regrediscono dopo un periodo che varia da 1 a 4 settimane.
2) I linfonodi (ghiandole). Quando scompaiono le papule (i noduli), si ingrossa uno o più linfonodi (ghiandole) alle ascelle, al collo o all’inguine: raggiungono il diametro di 1,5 cm (un po’ più di una ciliegia): se si toccano, il paziente accusa dolore e si arrossa la pelle che li ricopre.
I linfonodi restano ingrossati per un periodo che varia da 1 a 6 mesi, ma talvolta anche un anno.
La diagnosi  Se si ingrossa qualche linfonodo, i genitori devono riferire al medico se il figlio è stato vicino a un cucciolo di gatto o di cane, perché questa informazione, è fondamentale per sospettare l’infezione da Bartonella henselae, perciò eseguire l’esame del sangue con la ricerca degli anticorpi anti-Bertonella henselae ed escludere o porre la diagnosi di “malattia da graffio di gatto”.
Solo in una piccola percentuale di casi ci possono essere complicanze con polmonite, pericardite osteomielite, interessamento del sistema nervoso centrale con convulsioni.
La cura  La “malattia da graffio di gatto” nella grandissima maggioranza dei casi non è necessario seguire nessuna cura, nemmeno prendere gli antibiotici e la malattia guarisce spontaneamente, anche se possono essere necessarie alcune settimane e nei casi più lunghi anche da 6 mesi a un anno. È importante però sapere dell’esistenza di questa malattia, soprattutto per chi ha un animale in casa, perché, se i genitori riferiscono i propri sospetti possono aiutare il medico a capire l’origine dell’ingrossamento dei linfonodi.

MALATTIA EMORRAGICA DEL NEONATO.
È un disordine dei primi giorni di vita dovuto a un deficit di Vitamina K dovuta a immaturità transitoria della biosintesi epatica di tale vitamina.
La deficienza di vitamina K determina una carenza dei fattori della coagulazione vitamina K dipendenti che sono protrombina fattori VII, IX, X.
Il livello dei 4 fattori cade ulteriormente nei primi 2-4 giorni di vita per:

  • sterilità dell’intestino
  • mancati introiti alimentari.

Aumenta fra il 9° e il 14° giorno di vita e raggiunge il livello degli adulti a 3 mesi di età.
Fattori predisponenti

  • prematurità
  • inadeguato apporto dietetico
  • ritardata colonizzazione intestinale da parte dei germi
  • deficienza materna di vitamina K
  • somministrazione alla madre di farmaci antagonisti della vitamina K
  • complicanze estetiche e perinatali.

Sintomi
Compaiono fra il 2°-3° e il 7°-8° giorno di vita.

  • emorragie gastro-intestinali che determinano melena (feci nere)
  • epistassi (sangue dal naso) che talora richiede tamponamento
  • estesi cefaloematoma
  • sanguinamento ombelicale
  • ecchimosi (emorragie presenti sotto la cute) generalizzata
  • emorragie intracraniche
  • emorragie intramuscolari estese.

Prevenzione
Somministrare ogni giorno, per i primi tre mesi di vita 25 gocce di un farmaco contenente vitamina K che corrispondono a 25 mcg di vitamina K.

MALATTIA IPOCINETICA.
È dovuta al mancato o insufficiente esercizio fisico che danneggia in modo prolungato uno o più apparati dell’organismo creando dei danni permanenti che possono essere a carico per esempio degli arti, della colonna vertebrale, del cuore, dei polmoni, del comportamento psicologico. Queste anomalie sono così evidenti che scientificamente vengono definite paramorfismi. Il principale paramorfismo è l’obesità che attualmente è in continuo aumento fra i bambini e gli adolescenti, tanto da essere definita una vera e propria epidemia, infatti un eccesso di peso lo presenta un bambino o un adolescente italiano su tre. Questo dato ci fa capire l’estensione e la gravità della malattia ipocinetica.
Gli altri paramorfismi sono: 

  • cifosi cervico-dorsale (dorso curvo),
  • iperlordosi lombare (“pancia in fuori”),
  • varismo e valgismo delle ginocchia (ginocchia distanti o che si toccano cioè gambe a parentesi o a X),
  • valgismo dei piedi,
  • piede piatto. Il piede non presenta il tipico arco nel lato interno della pianta del piede.

Per “guarire” non servono farmaci, ma solo attuare uno stile di vita che permetta di combattere la sedentarietà.

MALATTIE FANTASMA.

Sono malattie inventate (per paura) dai genitori a carico di bambini sostanzialmente sani, perciò sono patologie che non esistono.

Quali sono le più frequenti?

  • Pseudo-anemia
  • Pseudo-carenza di calcio
  • Pseudo-allergia
  • Pseudo-anoressia
  • Pseudo-infezione.

MALATTIE GENETICHE.
Ogni essere umano possiede un patrimonio di cromosomi. Questi contengono i geni, perciò il DNA che raccoglie le istruzioni per il “montaggio” e il funzionamento dell’organismo. Questi cromosomi sono 46 di cui 2 si chiamano sessuali e sono diversi per l’uomo e la donna. Gli altri 44 si chiamano autosomi. Non sono tutti uguali. Sono 22 tipi diversi. Per ogni tipo ce ne sono 2 uguali. Riassumendo, abbiamo 22 cromosomi diversi fra loro che per comodità vengono numerati da 1 a 22. Per ogni tipo ne esistono 2 uguali. Ecco che raggiungiamo il numero di 44. La presenza di questi 22 cromosomi “doppi” non è casuale, perché una serie di 22 cromosomi ce la fornisce la madre, un’altra, sempre uguale, sempre da 1 a 22, il padre. Il veto al matrimonio fra cugini o comunque consanguinei sta proprio in questi cromosomi.
Malattie ereditarie.
Circa 2.400 anni fa Ippocrate, medico greco e padre della medicina nel suo libro “Il morbo sacro” ipotizzò che ci fossero alcune malattie trasmesse “in eredità” ai discendenti di alcune famiglie. Ippocrate non conosceva né i geni né i cromosomi ma aveva visto giusto. Le malattie ereditarie che si trasmettono all’interno delle famiglie e che oggi si chiamano “malattie genetiche” sono trasmesse proprio dai geni contenuti in questi cromosomi. Queste malattie si dividono in due categorie: “dominanti” e “recessive”.

  • Dominanti: basta che sia alterato anche uno solo dei due cromosomi uguali presenti perché l’individuo risulti malato. È il caso di alcune malattie, per esempio la corea di Huntington che è una malattia del cervello che determina convulsioni.
  • Recessive: sono la maggioranza delle malattie genetiche. Se il soggetto ha alterato uno solo dei due cromosomi è sano, non è malato, ma può trasmettere ai figli questa alterazione, con il rischio che se un figlio trova un altro soggetto con il solito cromosoma alterato, rischia di generare un figlio malato.

In questi casi, che sono la maggioranza, se all’interno della stessa coppia di cromosomi, uno solo è «sbagliato», mentre l’altro è «normale», il paziente sarà sano,  ma potrà trasmettere ai figli, senza saperlo, l’«anomalia». Questa situazione si chiama «recessiva»: è il caso della fibrosi cistica, della ß talassemia e dell’anemia falciforme. Per avere la malattia, è necessario che tutti e due i cromosomi uguali siano ammalati. In questo caso si vedrà che il paziente è ammalato e che perciò può trasmettere questo difetto ai figli, ma in chi è solo portatore, cioè ha un cromosoma «alterato» e uno «normale», non lo sa nemmeno lui di esserlo, ma, per le leggi della genetica (la 2ª legge di Mendel), se si unisce a un altro portatore, ha il 25% di procreare un figlio sano, un altro 25% uno malato e un 50% di procreare due figli portatori.
Il consiglio genetico.
Tutti coloro che hanno una maggior probabilità di aver ricevuto un cromosoma alterato dovranno eseguire degli accertamenti prima di pensare di concepire un figlio. È la situazione dei primi cugini, dei consanguinei in generale, ma anche chi abita in identiche regioni. È il caso della talassemia, malattia del sangue (esattamente dell’emoglobina) maggiormente presente in alcune aree geografiche: Sardegna, Sicilia, Polesine, Grecia e Cipro. Chi abita in queste regioni ha più probabilità di incontrare un altro portatore. È lo stesso caso dei matrimoni fra primi cugini.
Il consiglio genetico.
Innanzitutto si deve pensare a quali malattie si siano presentate fra parenti e antenati, soprattutto se alcune sono più frequenti e ricorrenti di altre. Inoltre se nella regione in cui si è formata la famiglia ci sono alcune malattie più frequenti rispetto ad altre zone. Tutti questi dati andranno riferiti ad un centro di consulenza genetica. In caso di sospetto della presenza di qualche malattia si cercherà di capire se i cugini (o negli altri casi chi si vuole sposare) siano portatori di una malattia. Nel caso che entrambi siano portatori gli si può sconsigliare il matrimonio o di avere figli, oppure ricorrere alla fecondazione artificiale con sperma di un soggetto sano, o adottare dei bambini o nel caso di gravidanza cercare di fare una diagnosi precoce in modo da capire se il feto sia malformato: si potrà fare la villocentesi dalla 10a-12a settimana di gravidanza o l’amniocentesi dalla 14a alla 16a settimana.

MALATTIE INVERNALI.

(Vedi Infezioni respiratorie)

MALATTIE TRASMESSE SESSUALMENTE.
Durante l’atto sessuale l’organo maschile può trasportare all’interno della vagina virus, batteri o funghi, non compresi tra quelli ospitati abitualmente e che pertanto possono determinare un gruppo di malattie che si definiscono MST (malattie sessualmente trasmesse), di cui l’AIDS è la più conosciuta, ma le altre sono molto diffuse e, anche se hanno un decorso clinico meno drammatico, possono portare fino alla infertilità, cioè all’impossibilità di avere figli.
Dal 30 al 50% di tutte le infezioni dell’apparato genitale della donna sono provocate dalla Chlamydia trachomatis, ma ce ne sono molti altri, il Trichomonas vaginalis, la Candida albicans, l’Ureaplasma Urealiticum, Herpesvirus.
Anche in quei casi in cui i sintomi sono presenti sono abbastanza vaghi, fra le femmine, sono:

  • leucorrea (secrezione vaginale di colore biancastro),
  • bruciore vaginale,
  • prurito vaginale.
  • dispaurenia (rapporto sessuale doloroso),
  • dolori addominali,
  • disturbi mestruali,
  • sanguinamento vaginale,
  • disuria (minzione difficoltosa).

I primi tre sintomi sono i più frequenti per tutte le età; gli altri sono più frequenti fra le femmine in età compresa fra i venti e i ventiquattro anni.
Che cosa fare
Per prevenire queste infezioni basterebbe usare il preservativo, ma in pochi lo fanno anche perché c’è l’erronea concezione che venga ridotta la sensibilità e quindi il piacere. Il preservativo infatti non è nato per essere un contraccettivo, ma solo un sistema di prevenzione delle infezioni.
Purtroppo oggi lo usa solo una minoranza e vista la facilità con cui viene cambiato partner, oggi si ha un’estrema diffusione di queste infezioni,peraltro in continua e vertiginosa ascesa.
È essenziale anche diagnosticare precocemente l’infezione anche attraverso la segnalazione precoce dei sintomi descritti.

MAL D’AUTO.

Si devono neutralizzare i succhi gastrici che, in questa situazione sono presenti in abbondanza nello stomaco, perciò il bambino dovrà mangiare, meglio se un’ora prima della partenza, cibi solidi e secchi, per esempio fette biscottate, grissini, crackers o pane e prosciutto crudo o cotto (senza conservanti). Da evitare, invece, i cibi dolci e il latte, perché fanno aumentare la secrezione dei succhi gastrici, accentuando ulteriormente il mal d’auto. Al posto del latte si potranno dare i succhi di frutta. Se ha sete, anziché bevande liquide che fanno aumentare il mal d’auto, gli si potrà dare frutta o succhi di frutta.

MAL DI GOLA
(vedi faringite)

MAL DI SCUOLA.
È provocato dallo stress e dalla tensione emotiva determinati dalla frequenza scolastica.
Le cause
I disturbi sono dovuti a:

  • Fino a 6 anni
  • Alterazione delle abitudini del bambino.
  • Abbandono dell’ambiente domestico (protetto) e della propria privacy.
  • Ansia di separazione dalla madre.
  • Dopo i 6 anni
  • Difficoltà di apprendimento
  • Difficoltà di relazione con i coetanei o con gli insegnanti.

Età a rischio:    3-5 anni (scuola dell’infanzia)
6 anni (prima elementare)
10-11 anni (sindrome da prima media)
13-14 anni (sindrome da prima superiore).
Il disagio si può esprimere con alcuni sintomi clinici:

  • Dolori addominali ricorrenti: è presente nell’8% dei soggetti.
  • Cefalea è presente nel 4% dei casi.
  • Sonno: i disturbi si possono verificare nelle varie fasi con difficoltà dell’addormentamento o risveglio precoce: è presente nel 2% dei soggetti.
  • Vomito chiamato “dello scolaro”: è presente nel 2% dei soggetti.
  • Enuresi (Vedi). o/e encopresi (Vedi).

La discontinuità. Anche se sono anni che nella scuola si parla di "continuità" fra i vari cicli scolastici (materna, elementare, media inferiore e media superiore) e in opposizione alla discontinuità, in pratica è spesso abbastanza brusco il passaggio fra i vari cicli. Questo disagio produrrà dei sintomi differenti a seconda dell'età, ché se alcuni, come il vomito dello scolaro, è ormai noto ed è uno dei sintomi meglio evidenziabili, altri, come l'ansia, la tendenza all'isolamento, l'insonnia sono difficilmente notati, perciò il pediatra, in certi periodi dell'anno, particolarmente stressanti, soprattutto all’inizio, di fronte a un bambino o un adolescente che ha manifestato lievi disturbi del comportamento, rilevati dai genitori dicendo che "il figlio è un po' strano" oppure "non sembra più il solito", è necessario indirizzare la ricerca diagnostica, proprio verso particolari sintomi.
Il sintomo più frequente è il dolore addominale ricorrente, presente nell’8% dei soggetti fra i 6 e i 14 anni, il mal di testa risulta essere al secondo posto, ma presente in una percentuale inferiore, cioè nel 4% degli alunni. In pratica in ogni classe di scuola 2 alunni presentano i dolori addominali ricorrenti, cioè “mal di pancia” e 1 il mal di testa determinato dalla scuola. Si tratta di “segnali di allarme” cioè una richiesta di aiuto da parte del bambino. I genitori perciò devono saper distinguere bene questi sintomi quando siano provocati dalla scuola o da una malattia.
I dolori addominali
La prima distinzione si ha osservando se il bambino si muove. Quando c’è una malattia addominale, la più frequente è l’appendicite, il bambino tende a stare fermo perché movendosi l’organo infiammato potrebbe toccare la parete addominale evocando dolore. Al contrario il bambino che si contorce, che si agita non ha una malattia dell’addome. La conferma si ha facendo camminare o addirittura saltare il bambino. Se riesce a farlo senza dolore significa che non si tratta di una malattia dell’addome da dover richiedere l’intervento del chirurgo. Il secondo punto è osservare la durata del dolore. Quando il dolore quando dura ininterrottamente per più di un’ora si deve far visitare il bambino dal medico.

  • Ecco quando è mal di scuola. Il dolore addominale è di breve durata anche se intenso, in genere non supera mai la mezz’ora. Il bambino però in questo periodo può stare anche male, sudare freddo, divenire pallido e  può volersi distendere. Un’altra caratteristica è che si tratta spesso di dolori “ricorrenti”, cioè che il bambino tende a ripresentare nel tempo. Anche questo è un elemento di tranquillità perché non esiste l’appendicite “cronica” o ricorrente. In pratica quando il dolore è andato via una volta, molto probabilmente regredirà anche le volte successive.

Il mal di testa
In genere evoca nei genitori fantasmi di malattia,  ma la quasi totalità dei casi di cefalea nel bambino e nell’adolescente sono provocati dallo stress. Il mal di testa si può associare a molte malattie infettive, ma in questo caso ci deve essere febbre. Il mal di testa può essere l’espressione della meningite, ma in questo caso spesso il paziente presenta anche confusione mentale. Sicuramente la diagnosi di meningite la si fa facendo camminare il bambino. Se riesce a farlo non ha la meningite, se invece come lo si mette in piedi cade in terra perché non riesce a mantenere la posizione eretta si deve correre all’ospedale. Da notare infine che la sinusite nel bambino e nell’adolescente difficilmente determina il mal di testa, mentre la diagnosi di sinusite la si fa quando il raffreddore dura ininterrottamente per più di 10 giorni.

  • Ecco quando è mal di scuola. In genere il mal di testa dovuto allo stress e alla tensione emotiva della scuola si presenta soprattutto al pomeriggio e alla sera, mai quando il giorno successivo è festa, perciò la scuola è chiusa. Si può presentare in tutte le zone della testa, ma più frequentemente alla fronte.

Il compito dei genitori

Quando i genitori si accorgono che il proprio figlio presenta uno dei due disturbi che abbiamo indicato devono cercare di parlarci per capire cosa lo preoccupi. Il dialogo genitori e figli è fondamentale. Dopo questi primi colloqui, durante i quali i genitori dovrebbero capire cosa disturbi il bambino, sarà opportuno coinvolgere gli insegnanti, perché solo l’alleanza tra genitori-figli-insegnanti, può risolvere le tensioni della scuola.  Come è facilmente intuibile i farmaci hanno un ruolo assolutamente marginale :non vanno usati per risolvere il problema che si ottiene con il dialogo,ma di alleviare il sintomo  dolore . Per questo si può usare il paracetamolo,che è il farmaco usato per abbassare la febbre. Nessuna  meraviglia,infatti possiede anche una potente azione analgesica: Il farmaco andrà somministrato allo stesso dosaggio  come in caso di febbre e andrà somministrato nuovamente se il dolore persiste. I genitori devono però ricordare che appena è passato il  dolore devono risolvere la situazione come abbiamo indicato.
Ecco, in sintesi, quelli più frequenti, secondo le varie età

Sintomo

Scuola dell’infanzia

1ª elementare

1ª media

1ª superiore

Aggressività

+

+

+++

+++

Apatia e disinteresse per l’ambiente

 

 

+++ *

+++ *

Cefalea (dolore, pesantezza)

 

+

+++

+++

Diminuzione appetito

++

++

+

+

Disturbi del sonno

+

+

+++

+++

Dolori addominali

 

+

+++

++

Dolori agli arti inferiori

 

 

++

+

Enuresi

+++

+++

 

 

Fenomeni di tipo regressivo

+

+

+ *

+ *

Incapacità di comunicare verbalmente

 

 

+ *

+ *

Isolamento dagli altri

 

+

+++ *

+++ *

Pianto

++

+

 

 

Rifiuto della scuola

 

 

++

++

Scadimento del rendimento scolastico

 

+

+++ *

+++ *

Vomito

+++

+++

 

 

* L’associazione di questi sintomi costituisce la sindrome da prima media o da prima superiore


Da ricordare.
La sindrome da prima media o da prima superiore è caratterizzata da:
scadimento del rendimento scolastico,
isolamento,
disinteresse,
apatia,
incapacità a comunicare, soprattutto verbalmente,
disturbi del sonno, soprattutto insonnia,
disturbi di alimentazione.

MAL DI TESTA

(vedi Cefalea)

MAL D’ORECCHIE.
(vedi Otite)

 

MANI.

Dopo l’aria che respiriamo, sono il principale mezzo attraverso cui si trasmettono le infezioni, sia le infezioni trasmesse attraverso le feci, sia anche quelle dell’apparato respiratorio che vengono trasmesse toccando fazzoletti sporchi o oggetti contaminati dalle secrezioni, sia quelle contratte in ospedale. La soluzione è sia per gli adulti sia per i bambini di lavarsi spesso le mani, insaponandosele per 30 secondi e richiudendo il rubinetto con la salvietta di carta con cui ci siamo asciugati le mani. Ai bambini sarà importante insegnargli questo comportamento. Utile anche usare il sapone liquido.

1)  Quando lavarsi le mani:
l  appena si arriva a scuola
l  quando si esce dai bagni
l  prima e dopo i pasti
l  ogni volta che sono sporche
l  sempre prima di effettuare operazioni delicate in cui sia necessaria la massima pulizia
l  la sera prima di andare a casa
2)  Come lavarsi le mani:
l  con l’acqua corrente
l  su palmo e dorso fino al polso, lavare almeno per 30 secondi
l  sciacquare abbondantemente sempre con acqua corrente
l  asciugare con una salvietta di carta
l  chiudere il rubinetto con la salvietta con cui ci siamo asciugati le mani.

MANI SUDATE.
(vedi Iperidrosi)

MARE.
(vedi anche Estate, consigli per l’) I bambini possono andare al mare a ogni età, ma, fino a due mesi, non devono essere esposti direttamente ai raggi solari.
Il principale motivo di discussione fra genitori e bambini al mare, di qualunque età siano, è rappresentato dall'ora e dalla durata del bagno: loro vorrebbero stare continuamente in acqua, i genitori, al contrario, sono sempre preoccupati.  Va bene fare il bagno, anzi va benissimo. Se l'acqua non è fredda ed il pasto consumato particolarmente abbondante, si potrà mandare il bambino a fare il bagno a qualunque ora senza nessun problema e stando tranquilli.
Il nuoto è particolarmente indicato per i bambini perché impegna in modo armonico tutta la muscolatura e permette di poter eseguire dei movimenti in acqua, in modo piacevole e divertente.
Se il bambino ha paura dell'acqua, non va shoccato immergendovelo a forza: si dovrà farlo familiarizzare con il mare un po' alla volta, facendogli osservare che la mamma e il papà, e se ci sono, i fratellini più grandi, non hanno paura, anzi si divertono con l'acqua.  Si potrà iniziare mettendogli qualche giocattolo sulla riva, o costruendogli un castello di sabbia dove ci possa entrare l'acqua. 
Per evitare i colpi di calore se i bambini stiano troppo a lungo al sole e, se sono in carrozzina o in passeggino vanno tenuti all'ombra o protetti con gli appositi ombrellini.
Al ritorno dalla spiaggia si deve fare loro sempre il bagno o la doccia se sono più grandicelli.
Controindicazioni: Il mare non ne ha. Per i miopi è pericoloso tuffarsi: si potrebbe causare il distacco della retina.

MASTICAZIONE.
Le due arcate dentarie costituiscono una macchina masticatoria perfetta, infatti con i denti anteriori (incisivi e canini), che terminano con una forma tagliente, servono a spezzettare il cibo che poi verrà spostato un po’ indietro e passato a premolari e molari che invece hanno una forma piatta, ma sono forniti di piccole protuberanze. Il cibo che vi finisce in mezzo verrà triturato. Per facilitare questa operazione e renderlo una poltiglia viene mescolato con la saliva prodotta proprio durante la masticazione. Questa duplice azione di omogeneizzazione del cibo e di umettamento, cioè bagnarlo e renderlo più morbido, facilita la successiva fase della digestione perché nell’apparato digerente arriverà cibo già elaborato. Purtroppo è anche una fase particolarmente trascurata, infatti oggi si vive in modo frenetico, cercando di risparmiare tempo, e allora per fare prima si trascura proprio la masticazione.
Come ogni macchina anche quella masticatoria va tenuta efficiente. Per funzionare bene è necessario che il dente superiore combaci con l’inferiore.  Evitiamo allora che i denti si ammalino, perciò laviamoli tre volte al giorno dopo i pasti, facciamoli controllare periodicamente (ogni sei mesi) dal dentista e facciamoci consigliare i principali interventi di igiene dentale.
Che cosa fare
Si deve poter avere il tempo di masticare. Perciò si dovrà evitare di mangiare troppo in fretta. A casa si dovrà tener spenta la televisione e soprattutto si dovrà insegnare ai figli, fin da piccoli, a masticare a sufficienza. Si sa che in questi casi il miglior sistema è di far vedere ai bambini come si mastica e perciò lo devono fare gli adulti. Quando si mastica non si deve parlare né bere, infatti si interferirebbe con la produzione della saliva. Masticare è anche un sistema per tenere sotto controllo il peso. Spesso si arriva a tavola con una tale voracità per cui si mangia più velocemente di quanto si abbia fame perché non si dà il tempo all’organismo di “far sapere” al centro della sazietà che si è già introdotto un po’ di cibo. Masticando si dà il tempo a questo tipo di impulsi di informare il centro della sazietà perciò ridurre la voracità e così mangiare di meno.

MEDICINA ALTERNATIVA.
In ogni classe di scuola c’è un bambino che viene curato con l’omeopatia (sono 37 ogni 1.000), un po’ meno quelli trattati con l’agopuntura (6 su 1.000), cioè 1 ogni 160. Prove scientifiche che dimostrino l’utilità della medicina alternativa non esistono e i casi in cui i pazienti, anche gli stessi bambini, si dichiarano soddisfatti, perché sostengono di essere guariti riguardano le malattie che si sarebbero risolte da sole. Comunque vediamo quando va bene o va male la medicina alternativa.
Va bene
L’omeopatia è utile in quelle malattie che non richiedono i farmaci, per esempio sarebbe stato preferibile che nei numerosi  casi di bambini ai quali sono prescritti  farmaci inutili come  molti tipi di psicofarmaci (“tranquillanti”), sonniferi, lassativi, avessero eseguito una terapia omeopatica, così i genitori avrebbero avuto la sensazione di curare il proprio, ma non si sarebbe corso il rischio di dargli farmaci potenzialmente dannosi. Oggi sono molti i casi in cui i bambini guariscono senza dover assumere farmaci: da tutti quei disturbi definiti genericamente “psicosomatici” alla maggioranza dei casi di tosse o diarrea.
Va male
Innanzitutto la fitoterapia viene somministrata con eccessiva disinvoltura: ricordiamo che non tutto quello che è naturale va bene (anche la marijuana è un prodotto naturale!), ma soprattutto le erbe che si acquistano con facilità sono sempre dei farmaci ( talvolta molto attivi) e possono presentare reazioni sfavorevoli. C’è anche un altro rischio maggiore per i bambini trattati con la medicina alternativa, che in pratica sono 1 ogni 16: quello di non essere curati in modo adeguato quando c’è una malattia che richiede le medicine ufficiali, che, per i bambini, sono soprattutto antibiotici o farmaci per le malattie dell’apparato respiratorio.

MEDICINA DIFENSIVA.
È l’atto medico condotto per tutelarsi da eventuali azioni medico-legali. Oggi con la facilità con cui i pazienti intraprendono azioni legali contro i medici, viene sempre più tenuta presente. Non si tratta di un atto contro il paziente, ma un’impostazione prudente per cui si effettuano esami e accertamenti in abbondanza, si prescrivono farmaci in eccesso e si considera la situazione clinica da valutare sempre come fosse la più negativa e con il maggior rischio di complicanze, in modo da non omettere nulla. In tal modo però il ragionamento clinico non è mai completamente lineare e il paziente rischia di effettuare esami o trattamenti superiori alle effettive necessità.

MEDICINE.

(vedi Farmaci)

MEDUSE.
Sono presenti nell’acqua marina più di quanto si pensi. Hanno dei tentacoli che, a contatto della pelle, provocano la formazione di vescicole rosse, dolenti e pruriginose che ricordano l'aspetto della cute che sia stata a contatto con l'ortica.  Nei bambini le meduse possono provocare anche piccole cicatrici.
Che cosa fare?
Per prima cosa bisogna spalmare sulla zona colpita una comune crema da barba e, servendosi del rovescio di un coltello, si cercherà di asportare dalla cute i tentacoli che vi siano rimasti attaccati. Il veleno delle meduse viene distrutto dal calore, perciò sulla zona colpita non va applicato il ghiaccio, ma al contrario si devono fare impacchi con acqua calda salata che vanno alternati con applicazioni di alcool denaturato per attenuare ulteriormente l'effetto del veleno. Per alleviare il prurito sono utili pomate antistaminiche

MENARCA (prima mestruazione).
Il trimestre luglio-settembre è quello in cui si verifica con maggior facilità il menarca (è il primo flusso mestruale), ma se negli animali le stagioni sono determinanti per fare iniziare la capacità riproduttiva, nella donna la situazione è più articolata: la data dell’inizio della pubertà, cioè dello sviluppo sessuale è determinata dall’azione di alcuni ormoni, che iniziano ad agire su “ordine” del patrimonio genetico individuale, ma con la cooperazione e l’influenza di alcuni elementi presenti nell’ambiente, alimentazione, temperatura, fotoperiodo (è il rapporto fra la durata del giorno e della notte), attività fisica, stress, malattie.
Vediamo perciò di capire quanto influiscano i vari elementi:

  • Il fotoperiodo (i mesi dell’anno). Il menarca si può verificare in ogni mese dell’anno, ma i cambiamenti della durata del giorno e della notte ne fanno variare il numero dei casi, in modo che è più frequente che si verifichi a luglio, agosto, settembre e gennaio, tanto da averne un numero di casi doppio rispetto a ottobre e febbraio, quando se ne ha il minor numero. Come si vede, l’ambiente è in grado di condizionare solo in parte l’inizio dello sviluppo sessuale, ma chi “comanda” è sempre la genetica, cioè la “tendenza familiare”: se si vuole valutare il peso delle singole componenti, la genetica incide per il 75%, l’alimentazione, per il 15%, le stagioni per il 10%, mentre il clima ha un effetto trascurabile.
  • La genetica. Si è stabilito che la durata della pubertà (va dal momento in cui si forma il primo rigonfiamento delle mammelle e si ha un rapido aumento della statura fino a quando compare il menarca) è più lungo se l’esordio è stato precoce, infatti, se avviene a 9 anni, la durata sarà di 2,77 anni, cioè il menarca si verificherà verso 11 anni e mezzo, mentre se è avvenuto a 13 anni, il primo flusso mestruale si avrà dopo 6 mesi e mezzo: una notevole differenza, che è un modo “genetico” di compensare gli “eventuali ritardi”.  Anche il momento in cui inizia lo sviluppo sessuale è determinato dalla genetica, infatti, nella maggioranza dei casi, alle madri e alle figlie è avvenuto più o meno alla stessa età; ancora una volta l’ambiente può determinare solo piccoli aggiustamenti. Ecco l’esempio: in questo secolo si è assistito a una anticipazione dell’età in cui le figlie presentavano il menarca rispetto alle madri: di 3 mesi ogni 10 anni di differenza di età. I motivi che hanno determinato questa anticipazione sono stati sia le migliorate condizioni sanitarie, che hanno ridotto il numero di malattie, sia la migliore alimentazione che ha determinato una equilibrata presenza di grassi nella dieta e perciò nell’organismo.
  • Alimentazione e grassi. Perché si abbia la comparsa del menarca, i grassi devono corrispondere al 22-24% della massa corporea e per avere cicli mestruali regolari al 28%, infatti, una dieta con un apporto equilibrato di grassi anticipa la comparsa del menarca, mentre la ritarda una carenza come avviene nelle atlete, nelle ballerine o in caso di anoressia mentale.
  • Lo stress ritarda la comparsa dello sviluppo sessuale, perciò del menarca perché disturba la secrezione degli ormoni liberati dal “centralino” che si trova nel cervello (è l’ipotalamo) e che devono stimolare gli organi sessuali.

Le cinque cose da ricordare

      • Perdite vaginali. Nei sei mesi che precedono la comparsa del menarca la ragazza può presentare leucorrea (cioè perdite vaginali biancastre): è un fenomeno normale che non deve preoccupare.
      • La sequenza. All’inizio comincia a svilupparsi il seno che scientificamente si chiama telarca, poi compaiono i peli al pube ed è il pubarca e quando “nascono” alle ascelle che è l’ircarca, mancano poche settimane al primo flusso mestruale che si chiama menarca, che avviene, nella maggior parte delle ragazze italiane, verso i 12 - 12,5 anni.
      • Irregolarità. Spesso le mestruazioni sono irregolari per il primo anno successivo al menarca: si possono presentare ravvicinate o il flusso ripresentarsi anche dopo diversi mesi. In una ragazza ogni 5 i flussi saranno irregolari addirittura per i primi cinque anni.

Eta’ del menarca (prima mestruazione).

 

%

a 12 anni o prima

50

a  13 anni

30

a 14 anni o dopo

20

Si verifica soprattutto nei mesi di gennaio luglio e settembre.

 

MENINGITE.
Per i genitori è attualmente il principale fantasma di malattia (vedi Malattie fantasma).

Diagnosi

È indispensabile effettuare precocemente la diagnosi (riconoscere subito la meningite) per poter attuare prima possibile la terapia. I sintomi della meningite sono simili a quelli dell’influenza e delle altre infezioni tipiche soprattutto di questa stagione, infatti nelle prime fasi dà febbre, vomito, mal di testa, che sono sintomi comuni a gran parte delle infezioni. Anche la rigidità, e perciò il dolore, ai movimenti della nuca e della colonna vertebrale sono piuttosto frequenti quando si è ammalati e spesso si confondono con il comune mal di testa. Quando la febbre è molto alta, in genere, i pazienti hanno sonnolenza, tendono a essere confusi nel parlare o altri sono agitati e dicono frasi senza senso.
Ecco come ogni genitore può riconoscere la meningite
Il sistema utile a distinguere la meningite dalle altre comuni infezioni è eseguire il “test della camminata”.
È necessario eseguire il “test della camminata” quando
n   si ha febbre superiore a 38,5°C e
n   uno o più dei seguenti sintomi:
-     vomito
-     mal di testa
-     sonnolenza
-     confusione mentale, cioè il paziente fa discorsi senza senso, è assente e/o non riconosce le persone.
In questo caso si deve eseguire il “test della camminata” e per farlo è sufficiente invitare il paziente a scendere dal letto e a camminare: se
l   riesce a farlo anche se barcollando, non ha la meningite e
} si deve eseguire l’abituale cura per la febbre (vedi)
l   se cade, cioè non riesce a stare in piedi, potrebbe avere la meningite e per questo
} si deve andare, anzi correre, all’ospedale
Il contagio è piuttosto difficile, infatti il meningococco è un batterio, perciò notevolmente più pesante di un virus. All’opposto di quanto avviene per il virus dell’influenza che arriva dappertutto perché è leggero, il batterio della meningite si trasmette attraverso l’aria respirata, ma “vola” con difficoltà, per questo è piuttosto difficile passarlo fra una persona e l’altra e pertanto possono essere contagiati solo coloro che stanno a stretto contatto con il malato di meningite, perciò sono i familiari, gli amici stretti, i compagni di classe, gli insegnanti o gli inservienti che hanno occasione di frequentare assiduamente il malato. Tutti gli altri, per esempio gli alunni della scuola che non siano in classe con il malato o che hanno visto “da lontano” il paziente affetto da meningite, possono stare tranquilli.
Profillassi. Se la meningite è provocata dallo pneumococco non è necessario fare nulla, cioè nessuna profilassi. Si deve distinguere fra la forma provocata dal meningococco che può colpire bambini e adulti da quella dovuta a Haemophilus influenzae che si presenta in genere nei bambini di età inferiore ai 4 anni perché non posseggono ancora anticorpi, ma oggi è divenuta una malattia poco frequente perché i bambini vengono vaccinati già dal terzo mese.
Quando si tratta di meningococco la prevenzione va fatta sia agli adulti che ai bambini e  la devono attuare i familiari della persona affetta da meningite o chi ha usato oggetti comuni o è venuto a contatto con la saliva della persona ammalata, perciò compagni dell’asilo nido o della scuola materna o chi abbia dormito o mangiato insieme. Per queste persone è consigliabile assumere un antibiotico. Può essere  usata la rifampicina per una durata di due giorni. Può interferire però  con alcuni farmaci assunti contemporaneamente: gli anticoncezionali orali e alcuni sedativi e anticoagulanti o può colorare le lenti a contatto. È sufficiente una sola dose per :la ciprofloxacina, che però non può essere utilizzato nei soggetti di età inferiore ai 18 anni. Questi due antibiotici vanno assunti per bocca, mentre il terzo, il ceftriaxone lo possono assumere tutti, ma è necessario eseguire una intramuscolare.
Non dovranno fare nessuna profilassi chi ha avuto solo contatti casuali con il soggetto ammalato, per esempio compagni di scuola o di lavoro, oppure chi non è venuto a contatto diretto con il malato ma solo con persone che a loro volta erano state vicino  al malato.
Se il paziente è affetto da meningite provocata da Haemophilus influenzae, gli adulti vanno vaccinati solo se vengono a contatto con bambini piccoli: dovranno attuare una prevenzione tutti coloro, indipendentemente dall’età, perciò adulti o bambini,
1)che vivono nella stessa casa dove si trovi un bambino di meno di un anno, anche se è stato vaccinato oppure
2) se ha meno di 4 anni e sia stato vaccinato in modo incompleto o inadeguato (si eseguono 3 dosi di vaccino, a 2, 4 e 11 mesi).
3) alunni,insegnanti,e altri operatori,se nella scuola si sono verificati due o più casi negli ultimi due mesi. L’obiettivo di questa strategia è “stroncare” la circolazione dell’Haemophilus influenzae all’interno della scuola..
La prevenzione viene attuata assumendo la rifampicina, una sola somministrazione al giorno per 4 giorni.
Riassumendo.  La chemioprofilassi (antibiotici assunti per prevenzione) dei contatti (familiari, compagni di classe, amici) è indicata:

  • in caso di meningite meningococcica con Rifampicina 20 mg/kg/die in 1-2 somministrazioni al giorno per 2 giorni – dose massima giornaliera 600 mg.
  • in caso di meningite da Haemophilus influenzae di tipo b, ai contatti familiari, se in famiglia c’è un altro bambino di età inferiore a 5 anni con Rifampicina 20 mg/kg/die in monosomministrazione giornaliera per os (10 mg/kg/die nel primo mese di vita).
  • in caso di meningite da pneumococco non è indicata chemioprofilassi per i contatti.

Da ricordare:

Vero e  Falso

Vero l’impossibilità a stare in piedi e camminare è un segno di meningite.
Falso il mal di testa  è un  sintomo frequente quando c’è febbre o stanchezza perciò non può essere indicativo di meningite.
Vero l’impossibilità a toccarsi il torace con il mento (piegando la testa) può essere un segno di  una malattia grave: avvertire il medico.
Falso  il dolore alla nuca è provocato solo dall’infiammazione di muscoli e tendini: attendere.

MERENDA.

È uno dei cinque pasti principali della giornata (gli altri sono prima colazione, spuntino a metà mattinata, pranzo e cena). È un pasto essenziale perché deve fornire l’“energia” che si consuma nel lungo intervallo fra il pranzo e la cena, ma che è spesso trascurata. Si commettono alcuni errori; vediamoli.

l   Errore di preparazione: le mamme che hanno poco tempo, per esempio quelle oberate dal lavoro, usano troppi prodotti confezionati, ricchi di acidi grassi saturi che fanno aumentare la quantità di colesterolo nel sangue.le mamme casalinghe, o quelle protettive, soprattutto quando hanno paura che il figlio si ammali se non si nutre a sufficienza, gli preparano merende troppo abbondanti, che perciò forniranno una quantità eccessiva di calorie, con il rischio che il figlio divenga soprappeso.
}    Che cosa fare: la merenda deve fornire il 10% delle calorie della giornata (vedi box n. 1); va fatta quando il bambino ha fame, l’ora giusta è quella che si colloca a metà fra il pranzo e la cena e non deve essere mai abbondante perché il bambino deve arrivare a cena con appetito.
l   La scelta dei cibi: si deve basare su due requisiti: obbligatoriamente che piacciano al bambino e se possibile che siano freschi, cioè senza ricorrere a prodotti preconfezionati, perché possono contenere coloranti e conservanti che in alcuni bambini possono creare anche allergia.
}    Che cosa fare: non si pensi che ai bambini piacciano le merendine più di ogni altra cosa, perché quasi tutti preferiscono, già da quando hanno più di 3 anni, cioè sanno masticare bene, il tradizionale panino, la pizza, i crostini o anche il solo pane con l’olio e sale. Per chi ha meno di 3 anni, molto graditi sono yogurt, latte, frutta, banana, succo di frutta o spremuta o frutta grattata. Una “ghiotta” alternativa estiva è il gelato.
l   Ambiente e atmosfera: troppo spesso la merenda è un pasto distratto e affrettato, talvolta così poco organizzato che il bambino va al frigorifero o ai mobili di casa e si serve da solo, in alcuni casi continua a lungo a mangiare, così la merenda, anziché uno dei cinque pasti principali, diventa un fuoripasto.
}    Che cosa fare: per tradizione bambini (e adulti) non si mettono a tavola per la merenda: è una consuetudine che va rispettata, mentre si deve esigere che i bambini, mentre fanno merenda, non devono guardare la televisione, giocare, usare videogiochi o computer o leggere.
Quando si fa merenda si devono interrompere tutte le altre attività, va consumato il pasto che è stato preparato, poi non si mangerà più fino a cena. Il bambino potrà bere a volontà, ma l’unica bevanda concessa senza limiti è l’acqua, va bene anche quella gassata, ma è preferibile che non sia conservata in bottiglie di plastica.
Se il bambino vuole l’aranciata o la cola a merenda, non ne deve bere più di mezza lattina; se, invece, preferisce il succo di frutta, visto che contiene molte calorie, dovrà mangiare meno degli altri cibi, in modo da non rischiare (di “ingrassare”).
Un discorso a parte va fatto per il classico panino con salumi. Resta il cibo preferito per la merenda. Ai bambini piace il panino con prosciutto crudo senza grasso o prosciutto cotto, salumi che si possono mangiare alla fine del primo anno, perciò ancora prima che siano in grado di masticare il panino.
Per gli insaccati, di cui mortadella e salame sono i più graditi, bisogna attendere che il bambino abbia compiuto i quattro anni.
La merenda deve fornire il 10% delle calorie della giornata ed ecco quante:


Età

Kcal

1 anno

100

2 anni

120

3 anni

140

4 anni

150

5 anni

160

6 anni

170

7 anni

180

8 anni

190

9 anni

210

10 anni

220

11 - 18 anni (femmine)

240

11 - 18 anni (maschi)

250

Ora controlliamo le calorie dei tipi di merenda più diffusi:
l     yogurt (la maggioranza delle confezioni in vasetto) pesa 125 grammi:
-       yogurt aromatizzato con frutta                                                     110 kcal
l     gelato
-       un cornetto confezionato ( pesa circa 70 grammi)            150 kcal
l     una banana                                                                                 90 kcal         
l     merendine (pesano in media da 33 a 45 grammi per confezione
-       una merendina da 40 grammi tipo Pan di Spagna             185 kcal         
-       una merendina da 40 grammi con marmellata                               143 kcal         
-       una merendina da 40 grammi farcita                                            165 kcal         
l     pizza:
-       pizza con pomodoro e mozzarella (100 grammi)              271 kcal
-       pizza con solo pomodoro (100 grammi)                          247 kcal
l     panino
-       panino tipo rosetta con prosciutto crudo magro               225 kcal
-       panino tipo rosetta con mortadella                                               300 kcal
-       panino tipo rosetta con prosciutto cotto                                       320 kcal
-       panino tipo rosetta con salame milanese                           345 kcal
l     bevande
-       succo di frutta di pera o albicocca (una confezione
in cartone da 250 cc)                                                                 150 kcal
-       aranciata o coca cola (1 lattina - 330 cc)                         127 kcal

MERENDINE.
Le merendine preconfezionate sono troppo ricche di grassi saturi, di colesterolo e di calorie, infatti si mangiano con tale facilità che spesso i bambini non le masticano nemmeno e così in poco tempo introducono molte calorie, ancora prima che sia cessata la sensazione di fame. Non si pensi, però, che non vadano mai date, infatti se ne creerebbe un oggetto di desiderio proibito e non ne vale la pena.
Qualche volta diamole in sostituzione di un dolce, o anche a merenda, però si dovrà stabilire in anticipo quale merendina consumare, la porzione giusta e, una volta terminata, al solito non si mangerà altro fino a cena: poiché è importante che i bambini mangino le stesse cose dei coetanei, per sentirsi uguali agli altri membri del gruppo, potranno consumare le merendine preconfezionate due volte alla settimana.
Comunque le merendine non devono essere mai date al di fuori dei cinque pasti principali, soprattutto non vanno mangiate per “divertimento”, per farsi compagnia e combattere la noia, perché si rischia che il bambino divenga obeso.

Le caratteristiche
   Le calorie. Le “merendine” hanno un apporto calorico alto, fra le 300 e le 460 per ogni 100 gr di prodotto e per questo c’è il rischio che i bambini e gli adolescenti, che normalmente le “divorano con voracità”, continuino a mangiarle, introducendo, perciò, un eccesso calorico, extra, oltre la normale dieta quotidiana.
   La lievitazione. Sono da preferire le “merendine” con lievitazione naturale o biologica, tipo brioche o panettone, perché è quella che rende più digeribile, fragrante e meno deperibile nel tempo il prodotto.
   I grassi. Le merendine contengono molti grassi saturi (sono quelli che a temperatura ambiente sono solidi, come burro e margarina, nel caso delle merendine strutto e lardo) di cui si ha meno bisogno rispetto agli insaturi (quelli che a temperatura ambiente sono liquidi, come olio di oliva e di semi).
   Colesterolo. Il contenuto è, in genere, eccessivo.
   Proteine. Generalmente sono scarse.

MESTRUAZIONI.
Turbe del ciclo mestruale
Dopo il menarca (è la prima mestruazione) che in media avviene verso i 12 anni, i cicli successivi sono sempre irregolari, infatti le ovaie, che sono l’elemento più importante nella regolazione del ciclo mestruale, non funzionano ancora bene perché, come tutto l’organismo femminile, è ancora in fase di accrescimento, basta pensare che la statura aumenta anche di 15 cm l’anno che precede e segue la prima mestruazione. Per questo si devono aspettare cinque anni dopo la comparsa della prima mestruazione, perché i vari cicli mestruali si verifichino a distanza regolare, in media di ventotto giorni l’uno dall’altro della durata di cinque giorni. Inoltre, sempre in questi cinque anni, dal 50 all’80% dei casi si verifica la mestruazione, ma non si ha la discesa dell’ovulo, per cui in pratica non si potrebbe avere una gravidanza.
Ecco allora le risposte ai quesiti più frequenti:
La durata: Cicli lunghi: durante i primi cinque anni i cicli si possono verificare più ravvicinati che nella donna adulta, anche ogni 15 giorni, oppure anche a distanza di molti mesi. Spesso nella stessa ragazza, nell’arco di pochi mesi, si possono avere flussi mestruali particolarmente ravvicinati o molto distanziati. Due situazioni possono sempre far ritardare l’inizio della comparsa delle mestruazioni, perciò allungare l’intervallo fra l’una e l’altra e sono lo stress psicologico, oppure quando la ragazza è eccessivamente magra, cioè presenta poco tessuto adiposo (grasso) ove possono fissarsi e accumularsi le varie sostanze che cooperano allo svolgimento del ciclo mestruale.
Che cosa fare: si dovrà consultare il medico solo quando c’è un intervallo superiore ai 35 giorni fra un ciclo e l’altro. Comunque si può stare tranquilli, perché la seconda mestruazione dopo il menarca si può verificare fino a un intervallo massimo di due anni, infatti questo lungo ritardo può essere dovuto proprio al “rodaggio” delle ovaie. Si devono, invece, effettuare esami per andare a vedere la quantità dei singoli ormoni solo se, fra un ciclo mestruale e l’altro, passano più di due anni, oppure la ragazza ha dei segni che potrebbero far pensare a una eccessiva presenza di androgeni, che sono gli ormoni maschili, per esempio una abbondante peluria nella zona dei baffi o delle basette, la presenza di peluria fra le mammelle o in altre parti del corpo, oppure una eccessiva caduta di capelli che lasciano scoperte delle aree di pelle.
La quantità
Talvolta i flussi mestruali possono essere particolarmente abbondanti e la ragazza può avere dolore nella settimana che precede l’inizio del flusso, oppure avere perdite di sangue fra un flusso mestruale e l’altro. Talvolta la quantità di sangue persa durante le mestruazioni è così abbondante che bagna un numero notevole di pannolini, anche in cicli che si presentano piuttosto ravvicinati. La ragazza e i genitori pensano subito che possa esserci un difetto della coagulazione, ma quasi sempre si tratta di un fenomeno normale dovuto proprio all’immaturità di tutto il sistema sessuale. Queste emorragie sono presenti nell’85% dei casi durante il primo anno dopo il menarca, ma si può stare tranquilli perché nella quasi totalità dei casi sono dovute al “rodaggio” dell’apparato sessuale.
Che cosa fare: in ogni caso è sempre bene consultare il medico, perché emorragie troppo abbondanti potrebbero determinare un’anemia o comunque accentuare la mancanza del ferro, che, come è stato dimostrato in molti studi, tende ad avere una bassa concentrazione nelle adolescenti, proprio a causa delle prime mestruazioni, invece è bene che questo minerale sia presente sempre in concentrazione costante, perché, fra l’altro, la sua mancanza riduce la capacità di concentrazione e perciò fa abbassare il rendimento scolastico. Sarà bene riferire al medico se la ragazza, oltre ai flussi mestruali abbondanti, presenta altre malattie della coagulazione, che si possono sospettare quando ha perdite di sangue dalla bocca, e gengive che sanguinano con facilità, fuoruscita di sangue dal naso o chi ha altre persone in famiglia che hanno mestruazioni abbondanti.

MICOSI.
Non si deve pensare alla micosi ogni volta che si vede una lesione rotondeggiante, di colore diverso rispetto alla cute circostante, localizzata al tronco o agli arti. La micosi “vera” che è la pitiriasi versicolor (vedi) si presenta sottoforma di chiazze rotondeggianti di un colore che varia dal roseo-giallastro al bruno, che possono essere isolate o confluire fra loro formando chiazze più grandi.

MIELE.
Oltre il rischio di determinare la carie dentale, come tutti i cibi o le bevande dolci, presenta un rischio nettamente sottovalutato. Nel bambino di meno di un anno, soprattutto fra i 2 e i 6 mesi può essere la causa di botulismo infantile, che è meno grave della forma degli adulti, ma può determinare sintomi a livello dell’apparato digerente con stipsi, diminuzione dell’appetito, ma anche quadri clinici gravi fino a un grave danno del sistema nervoso e alla morte. Il consiglio perciò è di non usare il miele nei bambini.

MILIARIA.
Spesso d’estate, o quando c’è febbre, si vedono comparire sulla pelle dei bambini, soprattutto durante i primi anni di vita, dei piccoli puntini bianchi o rossi, grandi quanto il capo di uno spillo, che talvolta possono divenire delle vere chiazzette rosse.: questa situazione si definisce: miliaria rubra.
Ecco perché si formano i puntini o le chiazzette..
Quando la temperatura è alta le ghiandole sudoripare, ancora poco efficienti, perché il bambino è piccolo, è probabile che producano del sudore, ma trovino il dotto escretore (la via d’uscita) bloccata, per cui il sudore prodotto resti all’interno delle ghiandole, che, rigonfiandosi, le farà scoppiare. Il sudore che si libera all’interno della pelle, provocherà una piccola infiammazione. Questo è il sistema dell’organismo per circoscrivere il sudore ed evitare che si liberi ulteriormente. L’infiammazione intorno a questa ghiandola sudoripara la si nota anche noi. Sono  i “ puntini” rossi.
In genere si trovano nelle zone di maggior attrito, dove la pelle si piega su se stessa,  all’addome, soprattutto nella zona centrale, intorno all’ombelico, alle ascelle e all’inguine, intorno all’ano, fra i glutei e nella zona opposta al gomito e al ginocchio.
Queste piccole chiazzette sono provocate dal sudore, che, restando sulla pelle, l’ha fatta macerare provocandone l’infiammazione. Quando i genitori vedono apparire queste eruzioni, pensano subito a una malattia infettiva, che però si può escludere per tre motivi:

  • perché le malattie esantematiche in genere sono presenti insieme alla febbre o comunque subito dopo a distanza di poche ore dalla scomparsa,
  • quasi sempre iniziano dal volto e scendono poi agli arti e
  • l’aspetto dell’eruzione, anche se lievemente, tende sempre a modificarsi, mentre questi “puntini” dovuti al sudore restano a lungo senza modificarsi.

La conferma si ha poi quando ci si ricorda che il bambino, nei giorni precedenti alla comparsa dell’eruzione ha sudato molto.
La prevenzione e la cura di queste eruzioni è di evitare e rimuovere il più velocemente possibile il sudore dalla pelle del bambino, perciò andrà coperto poco e soprattutto, andrà lavato ogni volta che lo si vede sudato.

 

MINERALI

Ecco dove si trovano
Carne: cloro, ferro, magnesio, sodio
Fegato: ferro.
Uovo: calcio, cloro, ferro, fosforo, potassio, sodio
Latte: calcio, cloro, magnesio, fosforo, potassio, sodio
Formaggio: calcio, potassio
Pesce: potassio
Legumi: ferro, magnesio, fosforo
Cereali: ferro, magnesio, fosforo
Frutta secca: ferro, magnesio, fosforo
Frutta: potassio
Fagioli secchi: calcio, potassio

MIOPIA.

La miopia è un difetto dell’occhio, per cui la retina (è il punto che, in pratica, “vede” e “mette a fuoco” le immagini) si trova spostata all’indietro rispetto al punto in cui l’occhio riceve le immagini, per questo le vedrà un po’ “da lontano”, perciò non a fuoco.

La miopia in genere appare tra i 5 e i 13 anni di età e può aumentare fino a 20 anni, poi si stabilizza, perciò la capacità visiva non diminuisce più.
Tutti i bambini dovrebbero eseguire una visita oculistica prima di iniziare la scuola dell’obbligo, cioè prima dei 6 anni di età. È “obbligatoria”, invece, in questi casi:
-    chi ha anche un solo genitore miope
-    chi è strabico
-    chi ha difficoltà nella lettura
-    chi stringe gli occhi quando deve guardare immagini lontane, infatti in questo modo cerca di spostare la retina in avanti, in modo da avvicinarsi il più possibile al punto in cui sono a fuoco le immagini
-    chi ci vede poco, ed ecco come “misurare la vista”:
L’esame della vista “fatto in casa”
Dall’oculista devono andarci anche i bambini che a 4 anni non hanno una capacità visiva di 6/10 per ciascun occhio, oppure hanno una differenza di vista fra un occhio e l’altro superiore a 2/10, oppure, a 6 anni, non hanno una capacità visiva di 8/10 per ciascun occhio oppure hanno una differenza superiore ai 2/10 tra i due occhi.

NOTA: Inserire tabella VISTA

Occhiali o lenti a contatto
I bambini che hanno un difetto della vista e che perciò portano gli occhiali o le lenti a contatto, dovranno tornare dall’oculista almeno una volta all’anno, salvo che il medico non fissi degli appuntamenti diversi, talvolta più ravvicinati, infatti abbiamo visto che la miopia si stabilizza solo al termine della crescita, perciò, in pratica, verso i 20 anni. È però necessario, in alcuni casi, tornare prima dall’oculista, se si nota che il bambino non vuole portare gli occhiale. Questo è un segno importante, perché, se le lenti vanno bene, cioè sono realizzate con la correzione giusta, il bambino vede meglio e sarà lui stesso a chiedere ai genitori di dargli gli occhiali al mattino appena si sveglia, se, invece, la correzione non è quella giusta il bambino vede peggio e, di conseguenza, preferisce toglierseli e avere una visione inferiore, ma non distorta da lenti sbagliate.
I bambini, anche piccoli, possono portare le lenti a contatto: ci vedono meglio, perché la correzione è direttamente sull’occhio e non è limitata alle lenti contenute nella montatura e che perciò rende difficoltosa la visione dai lati.
Chi sceglie gli occhiali tradizionali deve far montare assolutamente lenti in plastica e non in vetro, perché, rompendosi, potrebbero lesionare l’occhio. La montatura deve essere la più leggera possibile, infatti, se il bambino dovesse cadere, non deve creare lesioni sulla pelle.

 

MONILIASI ORALE  MONILIASI

(vedi Candidosi orofaringea)

MONONUCLEOSI INFETTIVA.
È provocata dal virus di Epstein-Barr indicato anche con l’acronimo EBV, che è un virus a DNA che appartiene alla famiglia degli Herpes virus. Si può presentare già dopo i 6 anni di età, ma soprattutto fra i 15 e i 25 anni. Si trasmette per via aerea ed è chiamata anche “la malattia del bacio”.
Sintomi
Soprattutto linfonodi (“ghiandole”, ingrossati, mal di gola, febbre, malessere. I linfonodi (le “ghiandole” si trovano nelle parti laterali del collo, all’angolo della mandibola, alle ascelle, all’inguine. Restano ingrossate per 2 o 3 settimane. I linfonodi possono restare ingrossati anche per 3-4 settimane.
Diagnosi
Il sospetto clinico è confermato dalla ricerca degli anticorpi nel sangue, che viene eseguito con il monotest o la ricerca degli anticorpi specifici antiEBV.
La cura
In genere non è necessaria.

Quando finisce la convalescenza ed è possibile rientrare a scuola?
Dopo la guarigione clinica.

MONTAGNA.
La montagna e la relativa altitudine, in linea di massima, non ha controindicazioni per il bambino sano, anche se è un neonato.
Una domanda che viene spesso posta al pediatra è fino a quale altitudine possa essere portato un bambino, in particolare il lattante. Ecco la risposta: i bambini, anche neonati possano essere portati fino a 3000 metri di altezza.
I gas che costituiscono l’aria atmosferica hanno un rapporto costante fino a 25 km di altezza, pertanto negli strati inferiori la composizione non varia nell’altitudine per cui l’azoto sia presente per il 78,08% e l’ossigeno per il 20,9% e l’anidride carbonica per lo 0,04%. L’aria contiene anche argon, neon, elio e altri gas in percentuale minore. La pressione atmosferica decresce in modo simil-esponenziale con l’altitudine e bisogna arrivare a 5500 metri per avere una riduzione della metà. Diminuisce anche l’umidità e la densità dell’aria.
La temperatura decresce in maniera lineare con l’aumentare della quota, in media 0,5-0,7°C ogni 100 m.
L’intensità delle radiazioni ultraviolette raddoppiano intorno ai 1500 metri e aumenta fino all’80-90% in presenza di neve o ghiaccio.
Nonostante tali cambiamenti, all’altezza di media quota, cioè fra 1800 e 3000 metri, la desaturazione di ossigeno e gli adattamenti cardiocircolatori a cui deve sottoporsi l’organismo sono ancora lievi e si riducono a una modesta iperventilazione con una lieve diminuzione del VO2 massima del 10-15%, ma è necessario salire oltre i 3000 metri per osservare delle modificazioni significative dell’attività cardiaca. Il soggiorno a medie quote (1800-3000 m) risulta perciò controindicato a bambini e adolescenti con cardiopatie congenite cianogene, forme gravi di valvulopatia o ostruzione dell’afflusso ventricolare, aritmie ventricolari di grado elevato, ipertensione arteriosa grave.
Viene riferita anche la possibilità di comparsa di mal di montagna oltre i 2500 m, caratterizzato da cefalea, affaticamento, insonnia, brevità del respiro, diminuzione dell’appetito, vomito. Alcuni studi però effettuati controllando pazienti in età pediatrica che soggiornavano fino all’altezza di 2835 m hanno ritenuto che tali sintomi fossero legati nel paziente pediatrico-turista al cambiamento d’ambiente più che all’altitudine.
Un ulteriore elemento di valutazione è che la totalità delle stazioni turistiche italiane si trovano a un’altezza inferiore ai 2000 metri, la maggior parte a bassa quota, cioè ad altitudini inferiori al 1800 metri.
È importante però che il pediatra dia informazioni relative alla termoregolazione del neonato e del lattante e gli opportuni suggerimenti per il vestiario. (Il bambino deve essere vestito “a cipolla”, cioè con vari vestiti in modo da regolare la pesantezza di vestiti in base alla temperatura esterna.
E’ raccomandato anche l’uso di creme protettive solari, per il giorno e di creme emollienti e idratanti da applicare dopo l’esposizione all’aria e ai vari agenti atmosferici.

Da ricordare
È scientificamente dimostrato che per salire fino a 3.000 metri d’altezza l’organismo riesce a compensare senza problemi le mutate condizioni atmosferiche. È stato osservato anche che i disturbi riferiti al “mal di montagna” si presentano anche all’altitudine del livello del mare e perciò sono da ritenere un “mal di vacanza”. (vedi Vacanze, ma di)

Pericoli e precauzioni.
Il sole di montagna è molto pericoloso perché è meno filtrato che al mare, perciò bisogna ricordarsi sempre di spalmare sulla pelle una crema solare ad alta protezione e meglio se specifica per la montagna. Un altro pericolo reale è rappresentato dalla vipere. È bene evitare che il bambino si avvicini a muretti in pietra o a zone particolarmente sassose. Da evitare anche che si inoltri nell'erba troppo alta o si avvicini a cespugli fitti. Bisogna fare attenzione che il bambino non metta in bocca i funghi perché possono essere tossici o velenosi.  Anche le bacche possono richiamare l'interesse soprattutto se sono rosse. I bambini, soprattutto i maschi, possono non solo portare alla bocca funghi o bacche, ma li possono anche mangiare: perciò se un bambino accusa dolore addominale (“mal di pancia”) è utile esaminare anche questa evenienza e i genitori ricordarsi di riferirla al medico.
Alimentazione in montagna d’estate
Se l'alimentazione quotidiana è ben equilibrata l'attività fisica non richiede molte calorie in più. Si deve avere un giusto rapporto fra glicidi, protidi e lipidi. Le proteine devono rappresentare il 10-12% delle calorie totali, i lipidi il 25%, i glicidi il 63-65% fino ad un massimo del 70%. Una eventuale integrazione dietetica può essere ottenuta proprio tramite i glucidi, nel rapporto glucidi semplici/glucidi complessi di 85 a 15.
Questa premessa di scienza dell'alimentazione conferma, in linea teorica, ciò che è attuato da sempre da tutti coloro che vanno in montagna e che sono soliti portare nel sacco qualche zolletta di zucchero.
Quando si parte per una passeggiata è bene far fare al bambino una abbondante prima colazione. Per gli altri pasti è da preferire la carne, la verdura e la frutta fresca. La dieta deve essere variata il più possibile e, se si mangia al sacco, è bene offrire al bambino cibi curati, appetitosi e scelti fra quelli di suo gradimento. Non è bene esagerare con la pastasciutta, mentre va molto bene un tipo di merenda a base di yogurt e frutta o pane e marmellata
Importantissimo è mantenere un sufficiente apporto idrico: bere è fondamentale perché il muscolo disidratato perde il 40% della sua efficienza. E' opportuno perciò bere non solo ai pasti, ma anche prima e durante l'esercizio fisico, cioè quando si va in passeggiata.  Non va data solo acqua, ma anche succhi di frutta meglio se naturali, purché naturali. Se il bambino è molto stanco è preferibile offrirgli un succo di albicocca, ricco di potassio che è lo ione dell'energia.
La montagna d'inverno.
Non c'è nessun problema. nemmeno con i più piccoli, ad andare sulla neve.  Bisogna avere l'attenzione di non far stare i bambini troppo a lungo in ambienti chiusi e poi farli uscire rapidamente all'esterno.  Si può prendere l'occasione per insegnargli a respirare con il naso che offre almeno due vantaggi: fa riscaldare l'aria inspirata ed impedisce l'inalazione di agenti estranei.
Andare in montagna d'inverno, anche se per un breve periodo, è un ottimo modo di interrompere lo stress scolastico. Perciò la "settimana bianca" è particolarmente indicata per i bambini affaticati dalla scuola, ma in definitiva chi non lo è? Per i bambini di età inferiore a 6 anni sono da sconsigliare i fine settimana sulla neve perché nei primi anni di vita sono abitudinari e tollerano malvolentieri bruschi cambiamenti di ambiente.
Quando siamo a sciare però non facciamoci prendere dalla tentazione delle gare o delle competizioni per dimostrare che i propri figli sono i migliori. L'età idonea per fare iniziare lo sci agonistico è a nove anni, per lo sci alpino, sia per i maschi che per le femmine, mentre è a undici, sempre per tutti, se si pratica lo sci nordico.

MORBILLO.
Il morbillo è provocato da virus a RNA il paramyxovirus.
Il nome deriva da morbillinum che significa “piccolo morbo” cioè piccola malattia,ma  non è così.
È una malattia che ha un periodo di incubazione di 10-12 giorni.
Il morbillo inizia con febbre alta che dura per circa 5 giorni, tosse, mal di gola e congiuntivite tale che dà noia la luce.
Dopo 2 o 3 giorni dalla comparsa di questi sintomi, il bambino si aggrava e compare l’esantema al palato e in corrispondenza dei molari inferiori le macchie di Koplik che sono macule (macchie) biancastre con alone rosso. La febbre può raggiungere anche 41°C in questo momento comparirà al volto l’esantema del morbillo (vedi esantemi infettivi), cioè chiazze rosse che tendono a confluire tra loro. Il giorno seguente queste chiazze compariranno al tronco e il giorno ancora successivo agli arti inferiori e superiori.
Solo a questo punto la febbre,che è restata sempre  alta, inizierà a diminuire.
Il morbillo provoca un abbassamento delle difese immunitarie perciò sono più frequenti le complicanze batteriche, particolarmente temibili quelle a carico dei polmoni, polmoniti e del sistema nervoso con varie forme di encefalite che sono l’encefalite morbillosa e la panencefalite sclerosante subacuta, conosciuta anche come pess, 1 caso ogni 500 soggetti che hanno avuto il morbillo;l’otite, altra complicanza frequente, può determinare sordità.
Il vaccino
Il morbillo lo si può evitare ricorrendo a un vaccino peraltro molto efficace.
La vaccinazione è avvantaggiata dal fatto  che del virus del morbillo ne esiste un solo tipo e che non esistono serbatoi animali, cioè specie di animali che possono “tener nascosto” il virus del morbillo per liberarlo poi tra gli umani.Il vaccino perciò è molto efficace.
La vaccinazione contro il morbillo la  si può eseguire anche durante un’epidemia e dopo 3 giorni dall’inoculazione il bambino è già  protetto.
Tale vaccino lo devono fare tutti i bambini che abbiano più di un anno (prima di tale età la protezione viene assicurata dalla difese immunitarie che la mamma ha trasmesso durante la gravidanza).
La prima dose del vaccino va eseguita perciò verso i 12 mesi. È previsto un secondo richiamo. È costituito da una sola dose da eseguire fra i 5 e i 12 anni.
La seconda dose la devono eseguire tutti coloro che hanno più di 4 anni e hanno già ricevuto la prima dose in precedenza.
La cura
Antipiretici per abbassare la febbre, antibiotici in caso di polmonite o otite.


Quando finisce la convalescenza ed è possibile rientrare a scuola?
Dopo 4 giorni dalla comparsa dell’esantema.

 

MORSI DI CANE.

È il periodo che va da aprile a settembre quello in cui i cani mordono di più.

Nel 35-40% dei casi l’incidente avviene nelle immediate vicinanze della casa, nel 15-20% all’interno.
In genere avviene nella propria casa o in quella di amici, dimostrando perciò che i rischi maggiori si corrono proprio quando si sorvegliano di meno i bambini. Infatti nel 50% dei casi quando il cane ha morso gli adulti erano disattenti.
La metà di tutti gli incidenti dovuti al morso del cane riguarda pazienti di meno di 18 anni all’interno di questa fascia di età il maggior numero dei casi è concentrato fra le età di 1-4 anni e 10-13 anni.
I maschi vengono morsicati di più, dal 56 al 65% dei casi. Si deve stare sempre attenti, ma questi dati ci dicono quando stare ancora più in guardia.
Dal 70 all’85%, sono al volto, ma non sono risparmiate nemmeno le altre zone. Comunque si può stare tranquilli perché la maggior parte dei morsi di cani sono superficiali, benigni e guariscono senza problemi.
Il cane morde in risposta a un’eccessiva confidenza e disinvoltura del bambino. In genere, infatti, il cane morde per paura o per difendersi, per esempio quando il bambino manipola il cane in modo eccessivo o fastidioso, per esempio gli tira la coda, gli mette le dita nelle orecchie, oppure gli afferra le zampe in modo che il cane si senta immobilizzato. Mordere, perciò, è una difesa o un modo di liberarsi. In altri casi mordere è il sistema del cane per riconquistare il proprio territorio, per esempio quando gli viene toccata la ciotola del mangiare o gli viene occupata la cuccia.
Per lo stesso motivo il cane che già viveva in casa, può mordere il neonato di cui è geloso perché teme che gli occupi il proprio posto nel “cuore” dei padroni.
Il pastore tedesco è responsabile di circa la metà di tutti gli incidenti, ma vengono coinvolte anche altre razze: terrier, chow-cow, terranova, cocker, barboncini, husky, labrador. I cani ritenuti più feroci, dobermann, rottweiller, pittbull, rappresentano meno del 2% di tutti i casi. In genere sono i giovani maschi che mordono di più. I cani sono nel 40% dei vicini di casa, nel 20% addirittura della famiglia accanto, nel 15% quelli dei genitori. È raro che a mordere sia un cane randagio o che il bambino non conosca.
Per questo è indispensabile insegnare a bambini e adolescenti le dieci regole per una coabitazione senza rischi (vedi Cane p. 00).

La cura

Ecco gli otto interventi da fare quando si viene morsi da un cane:

  • Sciacquare abbondantemente con acqua corrente la ferita: basta questo per ridurre di 2/3 il rischio di infezione, infatti si allontanano le gocce di saliva del cane che contengono i batteri
  • Subito dopo cospargerla con un disinfettante: i migliori sono i derivati dell’ammonio quaternario
  • Rassicurare e tranquillizzare il bambino
  • Se ha dolore somministrare ogni 4 ore un farmaco che contenga paracetamolo
  • Dopo una prima visita si deve ritornare dal medico se si nota che la zona intorno alla ferita diventa rossa, si gonfia o produce liquido oppure quando il bambino ha dolore o gli viene la febbre. Questi segni indicano che è sopraggiunta una infezione e in questo caso sicuramente vanno somministrati gli
  • antibiotici, mentre è inutile iniziare a prenderli appena il bambino sia stato morsicato perché questi farmaci non sono in grado di prevenire le infezioni.
  • Non è dimostrato che sia utile chiudere la ferita con i punti di sutura, perciò vi si ricorre solo in caso di lesioni estese, mentre può essere utile usare gli steristreep, che sono piccoli cerotti molto “potenti” che riescono a tenere ravvicinati i lembi delle ferite
  • Se, come avviene nella quasi totalità dei casi, si conosce il cane cha ha dato il morso, non è necessario eseguire nessun trattamento preventivo per la rabbia, perché, ormai da anni, non si riscontra più in Italia, mentre per il tetano tutti i bambini sono protetti fino a 15 anni, grazie al vaccino, obbligatorio per legge (vedi).

      Solo in caso di ferita molto profonda dovranno effettuare una dose di richiamo i bambini che hanno da 10 a 15 anni o quelli di 5, se non l’hanno ancora effettuato.
Per i più grandi: non devono eseguire nessun trattamento se il vaccino è stato eseguito da meno di cinque anni; se sono trascorsi più di cinque anni e meno di dieci andrà eseguita una dose di richiamo del vaccino. Se sono trascorsi più di dieci anni, andranno eseguite le immunoglobuline contro il tetano.

MORSI DI GATTO.
(vedi Graffi o morsi di gatto).  

MORTE IN CULLA
(vedi Sindrome della morte improvvisa del lattante)

MOVIMENTI NOTTURNI
 (vedi distonia parossistica notturna)

MST
(vedi Malattie trasmesse sessualmente)

MUGHETTO.
(vedi Candidosi orofaringea)

MUSICA.
La musica “fa bene” già al feto. La più gradita è quella barocca. È una stimolazione sensoriale ed è anche armonica, pertanto è di “qualità”. L’orecchio però non è ancora sviluppato completamente, come è nel bambino, per tutti gli organi, pertanto sono da evitare i brani  con ampie escursioni acustiche, cioè  con alte tonalità, perciò andranno scelte musiche melodiose.

Ecco quali consiglio:

 

Attenzione però che  “fa male” se il volume è alto.
Alla nascita “ci sente poco” solo un bambino ogni 1500, a sei anni 1 ogni 11 (la causa sono i mal di gola, d’orecchie e le adenoidi ingrossate), a 20 anni la percentuale è in continuo aumento, il 18% nel 1980, il 35% nel 1988 ,ora la percentuale è ancora salita ed è arrivata al 38%, cioè “ci sente bene” solo il 62% dei giovani.  Fra le  cause dei danni all’udito, al primo posto l’uso del walkman, poi i lavori rumorosi e, al terzo posto, l’abitudine a frequentare discoteche o concerti rock. Questi dati suggeriscono alcune considerazioni: indubbiamente, rispetto a venti anni fa, si è avuto un aumento dell’inquinamento acustico, legato soprattutto al traffico, ma non certo alle attività lavorative. I giovani hanno in questi anni aumentato l’uso degli walkman ed è esplosa la moda delle discoteche, ma ci sono farmaci sempre più potenti per curare e prevenire le otiti, ma è bene che i giovani ascoltino la musica in cuffia e vadano in discoteca, anche se tutto sembra condannare la musica. Gli adolescenti, infatti, seguono le mode e fanno le stesse cose dei coetanei, perché per loro è importante identificarsi in un gruppo di ragazzi e ragazze della stessa età proprio perché, durante l’adolescenza, a loro cambiano molte cose, in particolare l’aspetto fisico e gli affetti, passando da quello per i genitori a quello per l’altro sesso, perciò hanno bisogno di capire che non sono soli, anzi di trovare delle persone simili a loro e perciò con gli stessi problemi. Il problema è un altro: non si può vietare ai figli di fare le stesse cose dei coetanei, in questo caso gli si “salverebbero le orecchie”, ma gli si creerebbero danni psicologici più grandi. Allora cosa si deve fare. Il compito è delle istituzioni, che devono dare indicazioni “collettive”, perciò fare campagne di prevenzione sull’uso dello walkman, infatti i giovani, quando sono informati, seguono i consigli, infatti basta vedere l’aumento di giovani che usano il preservativo e, per quanto riguarda le discoteche che sono veramente “assordanti”, servono delle norme che ne regolino i livelli acustici; infatti in una discoteca si possono raggiungere livelli sonori di 110 decibel, mentre sono sempre dannosi quelli superiori a 90 decibel. Per fare un rapporto, un motorino normale emette rumori di 70-80 decibel, che in accelerazione, arrivano a 90-100 e una moto può raggiungere i 110. La ricerca francese sottolinea anche che avere avuto spesso l’otite è un modo che favorisce gli effetti nocivi del rumore e questo è compito dei genitori e del medico: l’otite va sospettata sia quando c’è febbre, dolore all’orecchio o fuoruscita di liquido dal canale uditivo e i bambini che hanno avuto più di tre episodi di otite in sei mesi o quattro in un anno dovranno assumere un antibiotico da ottobre ad aprile.

 
 
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