D
 

DAY HOSPITAL.
Non c’è motivo di usare il termine inglese perché in italiano si traduce: ricovero diurno.

DAY SURGERY.
 Non c’è motivo di usare il termine inglese perché in italiano si traduce: chirurgia ambulatoriale.

DEFICIT DI ATTENZIONE CON IPERATTIVITA’.
 È una malattia grave che determina nel paziente una situazione di handicap. Purtroppo troppo spesso viene attribuita tale patologia a bambini o adolescenti vivaci.
Per non sbagliare ricordare che per poter ragionevolmente sospettare che il paziente abbia il “deficit di attenzione con iperattività” devono essere presenti almeno 3 disturbi per ognuno dei tre gruppi descritti.
1° gruppo: Difficoltà di concentrazione

    • Si distrae con facilità e, a scuola, è spesso richiamato.
    • Passa da un gioco all’altro e da un’attività all’altra senza completarla.
    • Perde gli oggetti con facilità.
    • Ha difficoltà a concentrarsi sui compiti di scuola.
    • Sembra che non ascolti quello che gli viene detto.

2° gruppo: Iperattività

    • Ha difficoltà a stare seduto.
    • Muove le mani o i piedi.
    • Si agita in continuazione.
    • Si arrampica.
    • Ha difficoltà a giocare quietamente.

3° gruppo: Impulsività

    • Agisce senza pensare.
    • Risponde prima che sia terminata la domanda.
    • Ha difficoltà ad aspettare il proprio turno nel gioco.
    • Chiacchiera troppo.

Come si nota per fare la diagnosi è necessaria la presenza contemporanea di più elementi di valutazione, determinati numericamente ed è impossibile scambiare un bambino “vivace” (come è giusto che sia) per uno con deficit di attenzione e di iperattività che è un soggetto che presenta un disturbo di relazione.
Se i genitori non sono convinti dell’attendibilità di una diagnosi, possono consultare un altro specialista (due sono sufficienti, perché, se se ne interpellano di più, si attiva la sindrome del doctor Shopping, per cui si cerca solo di trovare la persona che dia ragione ai genitori!), ma, se la diagnosi concorda, devono accettare la situazione per evitare di creare un danno al figlio, essendo eccessivamente protettivi e, non accettando la malattia, di non trovargli la giusta collocazione nella società, in primo luogo fra i coetanei e la scuola.
L’uso dei farmaci nei disturbi del comportamento e nelle terapie psicologiche è ormai limitato a pochissimi casi.

DENTI.
La miglior prevenzione della carie è pulire i denti fin dal momento della loro eruzione cioè intorno ai 6 mesi. Si può usare una garza umida, intrisa di un dentifricio al fluoro. Dopo l’anno di età si può usare uno spazzolino morbido usando un dentifricio al fluoro. Per calcolare il tempo per la pulizia si consideri che sia necessario 10 secondi per ogni dente. Fino a 2 anni sono i genitori che devono provvedere a una simile operazione. A 2 anni il bambino sa lavarsi da solo i denti anteriori, a 3 anni anche le parti occlusive, cioè le superfici orizzontali dei denti, quelli che si toccano l’un l’altro, a 4 anni tutte le superfici esterne del dente, anche dei molari. Fino a 6 anni però i genitori dovranno controllare la corretta esecuzione di questa fase. Solo dopo 6 anni il bambino potrà essere libero di gestirsi da solo.  Si deve ricordare comunque che la miglior “lezione” di pulizia dei denti è quella che viene fatta quando i genitori a loro volta si lavano i denti, meglio se contemporaneamente al figlio. La durata ideale per una pulizia approfondita dell’arcata dentaria è di 4 minuti. Va bene qualunque tecnica. Da ricordare sempre che si deve partire dal rosso verso il bianco, cioè dalle gengive verso il dente. L’unico movimento da evitare è quello orizzontale.Come noto i denti vanno lavati dopo i pasti
Il primo controllo dal dentista  va fatto quando sono erotti tutti i 20 denti da latte, cioè tra i 30 e i 36 mesi.

  • Numero di denti  da latte  erotti alle varie età.
    • A 1 anno sono: 6-10.
    • A 1 anno e mezzo sono: 12.
    • A 2 anni sono: 16.
    • A 2 anni e mezzo sono: 20.

Il calendario dei denti da latte


Tipo di dente

ecco a quanti mesi erompono

ecco a quanti anni cadono

 

inferiori

superiori

inferiori

superiori

Incisivi centrali

6

6

Incisivi laterali

7

9

7

8

Primi molari

12

14

10

10½

Canini

16

18

11½

Secondi molari

20

24

11

10½

A quanti anni erompono i denti permanenti


Tipo di dente

inferiori

superiori

Primi molari

6-7

6-7

Incisivi centrali

6-7

7-8

Incisivi laterali

7-8

8-9

Canini

9-10

11-12

Primi premolari

10-12

10-11

Secondi molari

11-13

12-13

Terzi molari

17-21

17-21

 

DEPRESSIONE.
La depressione del bambino e dell’adolescente è una situazione piuttosto trascurata, nonostante che sia un fenomeno più esteso di quanto si pensi, tanto che si valuta che circa il 30% dei soggetti da 13 a 18 anni ne sia affetto.
La depressione causa certi comportamenti degli adolescenti che interferiscono e condizionano la vita di relazione e di gruppo, infatti sintomi di questa patologia sono l’uso di alcol e di droghe, le fughe da casa, fino al suicidio e la delinquenza. Per questi motivi viene coinvolta la scuola, infatti il ragazzo, tutto teso ad attivare meccanismi antidepressivi (a cercare di vincere la propria depressione), non può impegnarsi per l’apprendimento e lo studio. La scuola è anche un luogo di incontro con i coetanei e talvolta è proprio la paura del confronto con gli altri ragazzi che gli fa rifiutare la scuola: non andandoci aggira il problema. Fondamentale è il ruolo della famiglia, che è il primo luogo dove l’adolescente vive e da cui deve ricevere aiuto.
I sintomi della depressione variano secondo l’età.
l         Nel neonato e fino a due anni: il bambino diviene depresso quando lo è la mamma, perché ne vede il volto triste, che non sorride mai e, a forza di guardarlo, lo ricopia e si deprime anche lui.
n         Che cosa fare: è necessario che la mamma sia allegra, sorrida, si trucchi, si vesta in modo vivace e, se avrà forme gravi di depressione, dovrà farsi aiutare nell’accudire il bambino da un’altra persona
l         Da 2 a 6 anni: depresso è il bambino etichettato come “cattivo” (troppo agitato, aggressivo, che picchia gli altri), oppure quello che sta troppo zitto, piange con facilità o si isola dagli altri
n         Che cosa fare: quando il bambino presenta qualcuno dei segni che abbiamo indicato, è bene che i genitori cerchino di capire cosa disturba il bambino ed eventualmente risolverlo. Al primo posto dei problemi dei piccoli ci sono i rapporti con i genitori, spesso il bambino è depresso perché gli “mancano” i genitori,. O sono separati, oppure sono poco presenti e gli dedicano un tempo insufficiente, altre volte è geloso. Si deve capire il disagio (eventualmente facendosi aiutare dallo psicologo) e risolver il problema.
l         Da 7 a 13 anni: il bambino va a scuola: il calo del rendimento scolastico, fino ad arrivare al rifiuto (si chiama “fobia”) della scuola, se non è dovuto ad una malattia, è sicuramente causato dalla depressione.
n         Che cosa fare: i genitori devono parlare con il figlio, dargli affetto e non creargli nessun tipo di problemi, in modo che lui si possa dedicare con serenità a studiare. Devono anche rassicurare il bambino che, indipendentemente dai risultati scolastici ottenuti, l’affetto dei genitori non cambia. Attenzione, invece, a non sottovalutare mai i tentativi di suicidio, anche se il figlio lo racconta per scherzo, già pensarci è un sintomo della depressione e un segnale d’allarme, perché con facilità si può passare dal pensiero all’atto.
l         Dai 14 anni in poi: oltre ai segni precedenti, ne presenta due tipici dell’età: l’adolescente può essere depresso perché non accetta la propria immagine, vorrebbe essere per esempio più bello, più forte. L’elemento che crea disagio è il corpo e allora lo si può cercare di modificare non mangiando, oppure punendosi e questo spiega la maggior parte dei casi di anoressia, cioè il netto rifiuto dell’alimentazione, oppure si cerca una gratificazione nel mangiare e di qui nasce la bulimia, cioè quella situazione in cui si mangia con voracità, talvolta sventrando le confezioni di cibo, quasi da forsennati e talvolta alla fine vomitando tutto. L’altro elemento caratteristico di questo periodo è l’uso di alcol e droghe, che talvolta costituisce una vera e propria “stampella psicologica”: gli adolescenti che hanno avuto problemi, che sono stati delusi dalla famiglia, che non hanno avuto successo nella scuola, che hanno paura di non essere accettati bene dai coetanei o avere l’interesse dell’altro sesso, si rifugiano nell’alcol e nella droga per trovare un “focolare” almeno lì.
n         Che cosa fare: valgono le stesse indicazione valide dai 6 ai 13 anni, ma, quando si presentano anoressia o bulimia, oppure l’adolescente con continuità usa alcol o droga, si deve consultare con urgenza uno psichiatra.
Depressione:  I  sintomi
à Da 2 a 6 anni
I sintomi principali sono instabilità (alterna aggressività e isolamento) e agitazione.
Turbe del comportamento

  • Isolamento
  • Masturbazione

Disturbi affettivi

  • Alterna aggressività e quiete affettiva
  • Tristezza silenziosa
  • Ansia

Turbe somatiche

  • Insonnia
  • Disturbi delle condotte alimentari
  • Dolori somatici

à Da 7 a 13 anni
Oltre ai sintomi precedenti
I sintomi principali sono rifiuto della scuola e perdita dell’autostima

  • Verbalizza la depressione
  • Gravi turbe del comportamento (fughe, fobia scolare)
  • Cefalea

à Dopo i 14 anni
Oltre ai sintomi precedenti
Il sintomo principale è l’acquisizione di condotte additive (alcolismo, tossicomania)

  • Irritabilità
  • Noia
  • Anoressia-bulimia

DERMATITE ATOPICA.
Per imparare a riconoscere la dermatite atopica, si devono valutare prima di tutto 1) l’età del bambino; 2) l’aspetto della pelle; 3) le zone interessate dalle lesioni della pelle; vediamole una per una.

  • L’età del bambino. Non si presenta mai prima dei tre mesi, perciò lesioni della pelle nei mesi precedenti non sono dermatite atopica. Nel 60% dei casi esordisce fra i 3 e i 12 mesi.
  • L’aspetto della pelle, tipico, ma che è diverso secondo la fase della malattia.

1ª fase: la fase acuta. Si deve pensare alla dermatite atopica, quando la pelle è arrossata e rigonfiata, ma questo può esserlo per altri motivi: in caso di dermatite atopica, però, è anche leggermente umida (è dovuto all’essudazione) con vescicole o bolle e possono esserci anche delle lesioni con la formazione di piccole scaglie giallastre.
2ª fase: la dermatite atopica inizia a regredire. Dopo qualche giorno che il bambino ha presentato la pelle con questo aspetto, soprattutto se gli sono state applicate delle pomate, la pelle può divenire secca con delle croste e il colore essere più scuro.
3ª fase: la regressione. La dermatite atopica tende a regredire e ripresentarsi successivamente (bisogna attendere almeno finché il bambino ha cinque anni per non rivedere più la comparsa della dermatite atopica): le zone dove si era presentata la lesione, cioè l’arrossamento, non ritornano «normali», ma la pelle, anche se ha un colore simile alle altre parti, si presenta ruvida e i genitori possono accorgersene scorrendovi sopra la mano.
Il prurito, che più che a far identificare la dermatite atopica, è utile sapere che si presenta in modo costante.
   Le zone della dermatite atopica
- Da 0 a 2 mesi: non si ha ancora la dermatite atopica, ma, se il bambino ha sulla testa la crosta lattea, che sono squame giallo-brunastre, (scientificamente si chiama dermatite seborroica), potrebbe, anche se non necessariamente, dal terzo mese di vita in poi presentare la dermatite atopica
- da 3 mesi a 2 anni: la parte più colpita è il viso soprattutto alle guance, agli zigomi, alla fronte e al mento (mentre sono sempre esclusi il naso e la zona intorno alla bocca) e alle superfici laterali degli arti superiori e inferiori
- dopo i 2 anni: la dermatite atopica si manifesta soprattutto agli arti con una caratteristica importante, quella della simmetricità, cioè presente sempre in ambedue gli arti e nella stessa zona. Meno male che la dermatite atopica si manifesta soprattutto prima dei due anni, perché nei casi in cui si verifica dopo, tende a persistere più a lungo e, in genere, scompare al momento della pubertà, cioè verso i 12-14 anni.
La cura.
Poiché non si conosce esattamente la causa della dermatite atopica anche la terapia si agisce più su quello che si vede che la cura della malattia di base di cui appunto non si conosce bene il meccanismo. Il primo intervento da fare è di alleviare
- il prurito, usando pomate antistaminiche, eventualmente nei casi più acuti applicando sulla pelle impacchi umidi realizzati con garze sterili imbevute in una sostanza antisettica decongestionante. Per il prurito si deve ricordare che il sudore lo accentua, perciò si deve lavare spesso il bambino ed evitare le situazioni in cui la temperatura sia eccessivamente elevata e provochi una sudorazione abbondante. Si devono preferire gli abiti lisci e in cotone e evitare quelli in lana.
- Le unghie dovranno essere tenute corte e tagliate spesso, in modo che, non potendogli impedire di grattarsi, almeno possano provocare il minor numero di lesioni possibile. A questo proposito si deve ricordare ai genitori di non rimproverare il bambino quando si gratta, anzi di tollerare la cosa (infatti gli adulti stessi, quando hanno prurito non dimostrano molto più autocontrollo dei bambini) e si rischia poi che il prurito e la pelle con dermatite atopica diventino un terreno di scontro fra genitori e figli e spesso fra il padre e la madre.
Il bagno è molto importante perché serve ad idratare i tessuti, perciò è utile tenere il bambino immerso nell’acqua per venti minuti, dopo sciogliere nell’acqua gli oli da bagno. Poi, prima di asciugarlo, andranno applicate sulla pelle le creme o le pomate prescritte dal medico.
I vestiti dovranno essere in cotone anziché in lana e mai troppo pesanti, per evitare che il bambino sudi, situazione che fa aumentare il prurito.
I farmaci. Nella fase acuta servono pomate al cortisone o, in caso di infezione (cioè quando si vede la presenza di materiale giallo), antibiotici applicati sulla pelle o, se le lesioni sono molto estese, somministrati per bocca. I genitori si devono ricordare che pur essendo “solo pomate” sono farmaci potenti e che la pelle è pur sempre una membrana dell’organismo che svolge funzioni esenziali. I genitori devono ricordare di non utilizzare mai simili prodotti senza l’indicazione del medico e quando le applicano sulla pelle, sempre nella minor superficie cutanea.
Per le vacanze non c’è nessun problema e si può andare dove si vuole, ma la dermatite atopica è una delle pochissime situazioni in cui “il mare fa bene”, infatti i raggi ultravioletti del sole ne favoriscono la guarigione.

 

DERMATITE SEBORROICA DEL LATTANTE.

La dermatite seborroica del lattante(è la crosta lattea) è dovuta a una disfunzione (cattivo funzionamento) delle ghiandole sebacee normalmente presenti sulla pelle.

La causa esatta non è ben conosciuta, ma il principale elemento che la determina è la stimolazione da parte degli ormoni androgeni passati dalla mamma durante la gravidanza.
Questi ormoni erano presenti già nell’organismo del bambino mentre era in utero ma, successivamente, quando la pelle deve iniziare a esercitare le proprie funzioni, risente di questa azione sfavorevole degli ormoni, e di conseguenza, si infiamma determinando una dermatite. Sono necessari, però, alcuni giorni perché la pelle venga danneggiata, per questo la dermatite seborroica del lattante si manifesta tra la seconda e la quarta settimana di vita. Quando saranno diminuiti tali ormoni, che il bambino non è in grado di produrre da solo, la dermatite regredirà, infatti, anche se non viene fatta nessuna cura, la malattia, inizia a regredire spontaneamente verso il terzo mese di vita e scompare tra gli otto e dodici mesi.
C’è un rapporto con la dermatite atopica, cioè l’dermatite atopica, infatti in molti casi al bambino prima compare la dermatite seborroica (crosta lattea) e dopo si manifesta la dermatite atopica del lattante, che si presenta dopo il terzo mese di vita.
La cura
La prima cosa da fare è di lavare la testa al bambino una volta al giorno e sicuramente è più pratico fargli il bagno completo. Nell’acqua si dovranno sciogliere oli da bagno e usare uno shampoo molto efficace è a base di ketoconazolo al 2%, oppure shampi antiseborroici. Si acquistano in farmacia.
Non vanno, invece, usati i saponi, perché essiccano eccessivamente la pelle.

DESTROMETORFANO.
E’ uno dei pochissimi farmaci da usare in caso di tosse.
l         Principio attivo, è un sedativo della tosse che agisce direttamente sul centro della tosse che si trova nel cervello, ma non è uno stupefacente.
n         Indicazioni,: va usato per sedare la tosse secca quando dia fastidio al bambino o gli impedisca di dormire..
▲        Posologia,: il destrometorfano va usato solo nel bambino che ha più di 5 anni di età. La dose da somministrare corrisponde a 1 mg di destrometorfano per ogni kg di peso, da suddividere per 3 che corrispondono alle dosi consigliate nell’arco della giornata: un bambino di 5 anni che pesi 18 kg dovrà assumere 18 mg di destrometorfano nell’arco della giornata, che, diviso per 3 somministrazioni, corrisponde a 6 mg ogni volta, per esempio 6 mg appena si sveglia, 6 alle tre del pomeriggio, 6 alla sera prima di andare a dormire. Va usato al massimo per 4 giorni.

DIABETE MELLITO GIOVANILE.
Nel 90% dei casi sono presenti autoanticorpi diretti contro varie componenti del pancreas.
È determinato da quattro motivi:

  • mancanza o forte diminuzione di insulina circolante;
  • molecola di insulina difettosa;
  • resistenza periferica all’insulina;
  • liberazione lenta dell’insulina richiesta.

I sintomi clinici iniziali:

  • *Polidipsia (bere molto)
  • *Poliuria (urinare spesso e in modo abbondante)
  • *Dimagrimento
  • Polifagia (mangiare molto)
  • Stanchezza
  • Facilità alle infezioni
  • Coma che talvolta è il sintomo con cui si manifesta il diabete per la prima volta.

I primi tre sintomi, indicati con l’asterisco, costituiscono il primo segno del diabete.

Diagnosi
Il primo esame, semplice, non invasivo e di facile esecuzione è la ricerca della glicosuria (presenza di glucosio, cioè zucchero, nelle urine).

La cura

Somministrazione di quantità adeguata di insulina per raggiungere un equilibrio glicemico discreto.

DIARREA.

Il questionario per i genitori
Come ti comporteresti nelle seguenti situazioni? Rispondi Si o NO alle varie domande.
Se al bambino gli viene la diarrea cosa fai?                   SI        NO
Gli dai i fermenti lattici                                             
Smetti di dargli il latte                                              
Gli dai uno sciroppo contro la diarrea                      
Gli dai bustine o liquidi reidratanti                                        
Non fai nulla e aspetti che passi                                           

La risposta è contenuta nel testo seguente.

Meccanismo della diarrea.

La diarrea si determina attraverso tre diverse cause:

  • Secretoria. È causata dall’aumento dell’attività secretoria del tratto intestinale, senza inibizione di assorbimento; composizione e pH delle feci che si avvicinano a quelli delle secrezioni intestinali.
  • Osmotica. È causata da soluti non o poco assorbibili  nel lume intestinale.
  • Mista. Dovuta ad aumentata velocità di transito. L’effetto osmotico dei soluti non digeriti e la escrezione delle secrezioni sono dovute al rapido transito delle feci.

Il bambino allattato al seno, anche se ha diarrea, può continuare tranquillamente la sua alimentazione per reintegrare le perdite di liquidi.
Ricordiamo prima di tutto che se c'è diarrea non si devono dare antibiotici di propria iniziativa perché talvolta sono controindicato e possono addirittura aggravare la situazione clinica, anche perché alterando la flora batterica (i batteri) intestinale non si potrà più effettuare la coprocoltura che è l'esame per evidenziare i batteri e i virus eventualmente presenti nelle feci responsabili della forma diarroica in atto.
Sull'impiego di farmaci in corso di diarrea ci sono molte perplessità. L'utilità dell'uso dei fermenti lattici e similari è messa fortemente in dubbio, sia sul piano clinico che farmacologico e non ci sono elementi per consigliarne l'uso.  I farmaci non sono necessari. I genitori però devono avere pazienza in caso di diarrea, infatti non possono pretendere una brusca e rapida  interruzione delle scariche.
Quando c'è diarrea non è opportuno somministrare nessun farmaco sotto forma di supposta.

La diarrea non è una malattia pericolosa: nessun bambino in Italia muore a causa della diarrea.

Che cosa fare

Alimentazione: se le scariche non sono più di  8 al giorno si deve continuare a seguire lo stesso tipo di allattamento (sia materno, sia artificiale) e alimentazione. Se sono in numero superiore è necessaria la visita del medico. In ogni caso il bambino non va mai forzato a mangiare.
Il principale obiettivo della cura della diarrea è di evitare la disidratazione (cioè che il bambino perda con le feci i liquidi dell'organismo senza reintrodurli a sufficienza). È necessario perciò che il bambino beva in abbondanza per recuperare i liquidi persi: va bene anche l’acqua.

  • Latte al seno. Attenzione agli errori: innanzitutto è difficile che in questo caso il bambino abbia la diarrea di origine infettiva (è protetto dagli anticorpi della mamma), mentre già in condizioni normali le feci sono più molli che negli altri bambini, in pratica semiliquide, tanto che si spandono spontaneamente nel pannolino. Nessun problema nemmeno se sono verdastre, perché non è un segno di infezione, ma solo di ossidazione. L'ossigeno presente nell'aria le può far ossidare con un meccanismo analogo  a  quello che avviene nel ferro arrugginito. Anche se il bambino ha diarrea può continuare a assumere il latte della mamma.
  • Latte. Sia quello artificiale che del commercio si deve  continuare a prendere. Va sospeso solo se il bambino appena lo assume presenta subito "mal di pancia"  o  una scarica di diarrea.
  • Alimentazione: se le scariche non sono più di  4 al giorno si deve continuare a seguire lo stesso tipo di alimentazione. Se sono  in numero superiore si deve telefonare al medico. In ogni caso il bambino non va mai forzato a mangiare.
  • Liquidi. Il principale obiettivo della cura della diarrea è di evitare la disidratazione cioè che il bambino perda con le feci i liquidi dell'organismo senza reintrodurli a sufficienza. È necessario perciò che il bambino beva in abbondanza per recuperare i liquidi persi (va bene anche l’acqua)
  • Farmaci. Non sono necessari. I genitori però devono avere pazienza in caso di diarrea, infatti non possono pretendere una brusca e rapida  interruzione delle scariche.
  • Pannolino. Per evitare arrossamenti dopo ogni scarica il bambino va lavato accuratamente all'inguine e gli va cambiato il pannolino di plastica.

Contagio. La diarrea è una infezione altamente contagiosa. Perciò si deve garantire un'accurata pulizia delle mani e naturalmente lavarsele sempre dopo aver cambiato il bambino. Attenzione anche ad asciugamani e stoviglie:quando il bambino ha la diarrea le dovrà usare solo lui

Ecco le domande che porrà il medico.

  • Da quanti giorni dura? (è più lieve quando non supera i 6 giorni)
  • Quante scariche sono presenti al giorno? (è più lieve se non superano le 8 al giorno)
  • I caratteri delle feci: sono liquide o semiliquide? C'è sangue?
  • C'è disidratazione? L'elemento più semplice, ma ugualmente importante da riferire al medico è controllare la frequenza con cui urina: può essere presente disidratazione quando il bambino bagna meno di 6 pannolini, non urina per più di 8 ore se ha meno di un anno o 12 ore se ha più di un anno.
  • C'è qualcuno in famiglia che ha diarrea?
  • Ha febbre o vomito?

Quando far visitare dal medico il bambino?

  • È necessaria una visita urgente se il bambino:
    • ha meno di 3 mesi
    • dorme più del solito
    • ha la pelle fredda e grigiastra
    • le feci contengono sangue
  • Va fatto visitare entro la giornata se:
    • la diarrea dura da più di 3 giorni
    • ha febbre
  • Va fatto visitare nuovamente se:
    • entro 48 ore i sintomi non sono regrediti o sono peggiorati.

Quando finisce la convalescenza ed è possibile rientrare a scuola?
Se la diarrea dura da meno di 5 giorni, con meno di 8 scariche il giorno e senza la presenza di sangue, il bambino può frequentare la scuola.
In caso contrario deve essere effettuata la coprocoltura per dimostrare l’assenza di batteri, soprattutto salmonella, oppure attendere la guarigione cioè la scomparsa delle scariche.

DIARREA DEL VIAGGIATORE.
È provocata dall’Escherichia coli e può essere prevenuta con l’igiene personale, consumando acqua che abbia bollito o che sia stata conservata sigillata, non consumando frutta o verdura cruda o cibi che prevedano una manipolazione con le mani, come, per esempio, creme, maionese o macedonia di frutta.

DIETA DELLE DIECI P, CHE PIACE E FA BENE.
Premesso che i bambini mangiano volentieri le stesse pietanze dei genitori perché sono i sapori che si sono abituati a gustare, già nell'utero materno, è importante saper quali sono i cibi più graditi ai piccoli. I cibi adatti ai bambini non devono essere troppo consistenti, cioè “ duri” come dicono i piccoli, anzi meglio se sono morbidi, perché anche i denti devono crescere e non sono sufficientemente consolidati per masticare in modo efficace. Per lo stesso motivo i cibi devono essere facilmente spezzettabili, come le polpette e piccoli, come la pasta corta o il riso, perché il cavo orale, cioè la bocca, è piccola e non può contenere grandi quantità di cibo. Inoltre il cibo non deve contenere residui che potrebbero rendere insidiosa l’assunzione, come le lische o i filamenti come per i fagiolini. A questo punto resta il gusto, ed ecco il risultato di una mia inchiesta sulle preferenze alimentari dei bambini che ho riassunto nella dieta delle dieci P, che piace e fa bene:

pasta corta o riso, bianca, con pomodoro o pesto
patate fritte con olio di oliva
pietanze impanate e fritte con olio di oliva
pizza
polpette
pesce senza lische e senza salse
parmigiano
purea
pomodori rossi
piselli, fagioli o lenticchie

DIGRIGNAMENTO DEI DENTI.
Avviene durante il sonno, mentre si sogna. Non è un problema, salvo che disturba chi dorme vicino al bambino talvolta sveglia lo stesso bambino. In alcuni casi i denti si possono consumare di più, ma non si deve fare nulla.

Che cosa fare

I genitori non devono svegliare il bambino, si tratta di un fenomeno che non richiede alcun trattamento.

DISIDRATAZIONE.
Il primo segnale è la sete. Se non si beve compariranno altri sintomi. Il paziente è agitato, nervoso e irrequieto. La bocca è secca; la pelle e le labbra sono secche (si notano bene proprio queste ultime). Fa meno pipì del solito e il numero dei battiti cardiaci è aumentato. Ognuno può controllarli da solo perché ogni battito del cuore corrisponde a una pulsazione del polso. In media è 80 battiti al minuto. In caso di disidratazione si superano i 110. Anche il respiro si fa più frequente del solito. In presenza di tali segni di disidratazione si deve subito bere in abbondanza. Come prima emergenza: acqua fresca, poi un succo di frutto, meglio se di albicocca ricco in potassio definito “il minerale dell’energia”.
Se la disidratazione si accentua, oltre all’aggravamento dei sintomi precedenti gli arti diventano freddi, il paziente diventa sonnolento e compare confusione mentale, cioè inizia a fare discorsi senza senso. In questa situazione si deve andare subito al Pronto Soccorso perché c’è il rischio che si presenti un collasso cardio-circolatorio.
Segni di disidratazione lieve (perdita di peso del 5%): il bambino può essere tenuto a casa

  • Secchezza delle mucose (si vede bene osservando le labbra) e della cute
  • Lieve tachicardia (aumento del numero dei battiti del cuore, che si contano contando le pulsazioni))
  • Oliguria (urinare poco)

Segni di disidratazione grave (perdita di peso del 10%): il bambino va ricoverato in ospedale

  • Accentuazione dei segni precedenti
  • Fontanella depressa (infossata)
  • Bulbi oculari molli
  • Occhi alonati
  • Perdita di elasticità e turgore della cute (ha un aspetto simile alla pasta di pane)
  • Estremità fredde
  • Apatia
  • Sonnolenza
  • Stato di shock
  • Sete intensa.
 

DISLESSIA.

La difficoltà della lettura, che scientificamente si chiama dislessia, è spesso associata a quella della scrittura. Si riscontra in una percentuale che varia dal 5 al 15% degli alunni ed è responsabile del 75% dei casi di insuccesso scolastico.

Attenzione però: non si può parlare di dislessia prima dei 7 – 7 anni e mezzo.
Se il bambino presenta disturbi della lettura potrebbe aver un difetto della vista rappresentato, in particolare, da un rallentamento della velocità con cui lo stimolo visivo percorre le vie ottiche che si trovano all’interno del cervello.

DISMENORREA.
Per i pazienti è più comprensibile se si dice: mestruazione dolorosa.

DISTONIA PAROSSISTICA NOTTURNA (movimenti notturni)
Una situazione simile alla precedente si ha quando il bambino compie anche dei movimenti lenti e rotatori, movendo gli arti e il tronco. Talvolta parla anche nel sonno. Anche in questo caso, entro pochi minuti tutti cessa. Talvolta questi episodi di ripetono anche nella stessa notte. Questo fenomeno si chiama distonia parossistica notturna. Quando il bambino compie questo tipo di movimento è bene consultare il medico perché alcune forme possono richiedere l'esecuzione di un esame elettroencefalografico.

Che cosa fare

I genitori non devono svegliare il bambino, si tratta di un fenomeno che non richiede alcun trattamento.

DISTORSIONI E CADUTE.
Mettere del ghiaccio per mezz’ora sopra la zona o la parte che ha subito il trauma  e non si sbaglia mai, mentre è sempre inutile applicare qualunque tipo di pomata.

 

DIVEZZAMENTO.

 (Vedi Svezzamento)

DIVORZIO DEI GENITORI.
 (vedi Separazione)

DOLCIUMI.
Già alla fine del primo anno si possono concedere budini di latte a base di riso, di semolino di riso, o di crema di riso. E' bene evitare, perché più difficilmente digeribili, i dolci ricchi di panna o di cioccolato.
Naturalmente i dolci non vanno dati fuori dai pasti principali.

DOLORE.
Per sentire meno dolore si deve mangiare un po’ di zucchero o comunque una cosa dolce anche leggera come quella che serve a “addolcire” una medicina. Se ai neonati gli si dà una sostanza dolce, quando, per esempio, gli viene praticata una intramuscolare “puntura”, piangono per un minor tempo, fanno meno smorfie e si addormentano prima rispetto ai coetanei che non abbiano ricevuto nulla. Secondo l’ipotesi per ora più probabile sarebbero le endorfine responsabili di questo effetto.

 

DOLORE ADDOMINALE.

Il dolore addominale (“mal di pancia”) è un sintomo molto frequente fra i bambini.

I genitori ne hanno paura perché temono sempre che possa essere il primo segno dell’appendicite (vedi) e che perciò richieda un intervento chirurgico e hanno paura che se non lo fanno visitare presto dal medico, la situazione possa aggravarsi.
Sono tutte paure ingiustificate: nella maggioranza dei casi il dolore addominale“(mal di pancia”) è provocato da motivi banali, per esempio una cattiva alimentazione, infezioni lievi che guariscono anche senza prendere medicine, per esempio quelle dell’apparato respiratorio o digerente o addirittura nemmeno da una malattia, quando è dovuto a problemi psicologici.
Per capire la causa i genitori devono guardare se ci sono altri sintomi, oltre al dolore addominale (“mal di pancia”).

Se c’è vomito e/o diarrea

Questi due sintomi indicano che c’è una infezione dell’apparato digerente, quasi sicuramente dovuta a virus, che, arrivati all’intestino, ne hanno determinato l’infiammazione, che ha provocato il dolore e una maggior produzione di liquidi che, per capire, equivalgono al muco, cioè al “catarro” prodotto dall’apparato respiratorio quando c’è un’infezione.
Che cosa fare?
Si deve curare la diarrea, facendo bere il bambino il più possibile, mentre sono inutili i fermenti lattici. Gli sciroppi per “fermare la diarrea” talvolta possono essere dannosi e non si devono somministrare farmaci di nessun tipo; in ogni caso si deve consultare il medico..
Se c’è febbre
Quasi sicuramente si tratta di un’infezione dell’apparato respiratorio o dell’apparato digerente.
Che cosa fare
In questo caso si deve consultare con urgenza il medico, ma, nell’attesa, non si devono somministrare farmaci, nemmeno quelli per abbassare la febbre, infatti potrebbero modificare l’intensità del dolore, impedendo di riconoscere la malattia
Se c’è stipsi
È un’altra causa molto frequente di dolore addominale nel bambino: le feci ristagnano nell’ampolla rettale, perdono acqua, diventano sempre più dure e il bambino cerca di non evacuare perché ha paura di sentire dolore e, di conseguenza, le feci tendono ad accumularsi, l’intestino si contrae in modo energico per cercare di spingerle fuori e così compare il dolore, che, in genere, è più forte e intenso di quelli che abbiamo descritto in precedenza.
Che cosa fare
Come prevenzione si deve far bere molto il bambino in modo che le feci non perdano troppa acqua e non induriscano eccessivamente e si dovrà far mangiare molta frutta e verdura in modo che le fibre alimentari introdotte in questo modo possano aumentare il volume delle feci, impedire che divengano troppo compatte e, in definitiva, permetterne l’evacuazione. Senza il parere del medico non dare lassativi, né praticare clisteri.
Se c’è solo dolore addominale (“mal di pancia”): consultare la tabella.
Ecco come capire la gravità della situazione

 

Il dolore addominale

 

non è grave se

è grave se

Quanto dura

È intermittente, cioè non dura mai più di mezz’ora e si alterna a periodi di benessere

Dura ininterrottamente più di mezz’ora: si deve andare subito all’ospedale quando dura più di 6 ore

La posizione

Si agita, si contorce

Sta fermo perché se si muove dice che ha più dolore; ha difficoltà a camminare, a scendere le scale, o dal letto, oppure, se lo fa, sta in una posizione rattrappita, proprio perché, negli altri casi il dolore si accentua

Dov’è

Più è vicino all’ombelico

Più è lontano all’ombelico

Cosa fare

Si deve cercare di capire la causa del dolore leggendo l’articolo

Consultare il medico con urgenza o andare all’ospedale

 

DOLORE ADDOMINALE RICORRENTE (ha spesso il “mal di pancia”).

Spesso il dolore addominale nel bambino è provocato da motivi psicologici, soprattutto la tensione emotiva, la paura della scuola, qualche problema soprattutto in famiglia o con i compagni. Questo tipo di dolore lo presenta in media l’8% dei soggetti fra i 6 e i 14 anni.

Il dolore dura in genere 10 o 20 minuti, mai più di mezz’ora, il bambino si agita e il dolore è avvertito soprattutto intorno all’ombelico.
È però un dolore intenso, infatti il bambino è costretto ad interrompere le proprie attività, anche se gioca, talvolta si piega e si contorce, diventa pallido e suda freddo. In genere dopo una decina di minuti tutto scompare e sta bene.
Si deve stare tranquilli quando il dolore addominale (“mal di pancia”) tende a presentarsi periodicamente perché indica che non è provocato dall’appendicite, infatti in questo caso il dolore non regredisce mai e anzi aumenta con il passare delle ore e si deve operare il bambino.
Che cosa fare
Non è dovuto a una malattia e perciò si deve cercare di capire i motivi che preoccupano il bambino e cercare di rimuoverli.

Ecco come distinguere il dolore addominale ricorrente dall'appendicite.
Nessuna paura: se  bambini hanno spesso il “mal di pancia”:quasi sempre è provocato da situazioni innocue quali contrazioni dell’intestino determinate dalla tensione psicologica, dalla diarrea, o da errori di alimentazione soprattutto quando si mangia poca verdura e frutta. I rari casi di appendicite si riconoscono facilmente. Si deve sapere che se l’appendice è infiammata (cioè c’è l’appendicite) il movimento del corpo la fa battere  contro  le pareti dell’addome e  compare il dolore(il”mal di pancia”). Per questo quando c’è l’appendicite il paziente cerca da  stare fermo. Al contrario il bambino che si contorce, si agita sul letto, non ha l’appendicite e una conferma si ha facendo camminare o saltare: se riesce a farlo significa che non ha l’appendicite. Infine un occhio all’orologio: se il dolore dura ininterrottamente per più di un’ora è probabile che si tratti di appendicite, se invece dura meno anche se  “va e viene” cioè è intermittente, significa che l’appendice non è infiammata .L’appendicite non regredisce da sola e quando si manifesta dà un dolore che aumenta ,perciò non passa mai inosservata. Il bambino che ha spesso il “mal di pancia”non ha l’appendicite. Unica precauzione  per i genitori è di non dare mai farmaci  antidolorifici di propria iniziativa perché farebbero attenuare il dolore, che come abbiamo detto,è uno dei più importanti segni per capire se si tratti di appendicite o meno.

DOLORI  DI CRESCITA.
(vedi dolori ricorrenti agli arti: perché si è scoperto che l'accrescimento non determina nessun tipo di dolore).

DOLORI RICORRENTI AGLI ARTI.
Si presentano fra i 5 e i 15 anni di età: sono provocati da traumi, che possono essere accidentali o provocati durante l’attività. Sono leggermente più frequenti nelle femmine. Nel 38% sono interessate le grandi articolazioni, per esempio ginocchia e caviglie; nel 36% dei casi il dolore è localizzato posteriormente in uno o entrambe le gambe, però nell’11% dei casi interessa successivamente l’intera articolazione.
Nel 56% è un dolore leggero, mentre nel 24% è a crampi, nell’11% penetrante o puntorio e solo nel 7% è «forte», comunque in 2/3 dei casi il paziente può continuare le proprie attività giornaliere, ma in 1/3 deve sospenderle completamente o in gran parte.
In media questi episodi si presentano 12 volte in un anno, cioè in media una volta al mese. Nella maggior parte dei casi il dolore inizia in qualunque momento della giornata, mentre nel 30% si presentano dopo le 17.
L’attacco di dolore agli arti viene scatenato dalla stanchezza, dal malessere generale, per cui il bambino può apparire pallido, con diminuzione dell’appetito o nausea. I bambini e gli adolescenti che hanno questo tipo di dolore presentano maggiormente degli altri emicrania e situazioni che vengono scientificamente definite equivalenti emicranici e non sono provocati, perciò, da una specifica malattia e sono dolori addominali, vertigini.
I dolori ricorrenti agli arti sono quelli che vengono erroneamente definiti “dolori di crescita”. Si noterà che (vedi Altezza) si presentano soprattutto in una fase dell’età evolutiva in cui la crescita è più rallentata. In pratica sono dolori che si presentano spesso, cioè periodicamente, perciò non possono essere provocati da una patologia acuta, come un trauma, infatti i dolori ricorrenti agli arti si presentano senza che la zona dolente presenti nessuno dei classici sintomi dell’infiammazione, cioè la zona non è arrossata, né tumefatta (gonfia) e nonostante il dolore il bambino o l’adolescente riesce a camminare.
I dolori ricorrenti agli arti non sono perciò provocati da una malattia ma sono determinati dalla tensione emotiva, per questo le “coccole, bacini e carezze” sono sempre importanti. I genitori dovranno associare poi una forte dose di dialogo con i figli perché solo parlando con loro potranno capire la presenza o meno di problemi che determinano ansia nei figli.

DOPING. 
Già da 8 anni molti bambini iniziano ad assumere sostanze anabolizzanti sia per migliorare le proprie prestazioni sportive e perciò a modificare risultati di gare sportive o per migliorare il proprio aspetto estetico. Assumere simili farmaci presenta, tra gli altri tre notevoli svantaggi. Il primo di assumere farmaci che possono essere dannosi per la salute, inoltre si abitua il bambino e l’adolescente a usare sostanze spesso illegali, infine, a modificare le proprie prestazioni mediante l'assunzione di sostanze e farmaci. Soprattutto queste due ultime situazioni facilitano il passaggio all'uso di sostanze stupefacenti cioè della droga.

DOPPIA PESATA.
Non va fatta. Vedi allattamento al seno.

DORSO. 
Le parti destra e sinistra del corpo: non sono uguali, cioè identiche come fossero riflesse ad uno specchio per cui possono essere presenti asimmetrie,cioè differenze fra una parte e l’altra. Spesso i genitori, soprattutto se hanno un figlio magro e  longilineo, notano due cose: le scapole troppo “in fuori” e temono che possa avere la “scapola alata”, oppure troppo “in dentro” e che abbia il “dorso tondo”. Queste sono due situazioni possibili, ma rientrano in una normale variabilità dell’individuo, cioè variazioni normali di scapole normali. La alterazioni ortopediche a carico del torace esistono, ma sono estremamente rare. È normale, invece, che il bambino stia un po’ più “piegato” per la curvatura più accentuata della colonna vertebrale .
 
DORSO TONDO.
Vedi dorso

 

 
 
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