C
 

CIRCONCISIONE.
La circoncisione viene eseguita fra i mussulmani e gli ebrei ed è importante farla per rafforzare le radici familiari e collettive. In tutti gli altri casi è superflua e inutile perché non protegge dalle infezioni il bambino, né della pelle né delle urine.

CIRCONFERENZA CRANICA E TORACICA.
Alla nascita la circonferenza del cranio è, in media, 35 cm ed è superiore a quella del torace, che è 33 cm. Nei primi tre mesi si ha un aumento di circa 5 cm in entrambi i casi, la circonferenza del cranio arriva a 40,5 e quella del torace a 38, mentre nel secondo trimestre la circonferenza del cranio aumenta di 3 cm, arrivando a 43,5, quella del torace di  4, arrivando a 42, infatti da ora in poi, il torace crescerà più della testa, verso i 9 mesi le due misure si equivarranno e poi si avrà il “sorpasso” e così la circonferenza toracica a un anno sarà circa 47 cm, mentre quella del cranio sarà divenuta inferiore (46,5 cm), come resterà per tutta la vita Fino a 1 anno per valutare la maturazione e l’accrescimento delle ossa è importante rilevare la circonferenza del cranio. Dopo che il bambino ha compiuto un anno, è inutile una simile misurazione, perché è importante la circonferenza del torace: ogni genitore la può rilevare da solo, basta prendere un metro da sarta e avvolgerlo intorno al torace all’altezza dei capezzoli. Nelle tabelle sono riportati i valori medi, cioè quelli che presenta il maggior numero dei bambini e il valore minimo e massimo che si può considerare normale.
Circonferenza cranica


età

maschio

femmina

 

in media è

può variare

in media è

può variare

 

 

da

a

 

da

a

nascita

34,8

32,6

37,2

34,3

32,1

35,9

1 mese

37,2

34,9

39,6

36,4

34,2

38,3

3 mesi

40,6

36,4

43,1

39,5

37,3

41,7

6 mesi

43,8

41,5

46,2

42,4

40,3

44,6

9 mesi

45,8

43,5

48,1

44,3

42,3

48,4

12 mesi

47,0

44,8

49,3

45,8

43,5

47,5

18 mesi

48,4

46,3

50,6

47,1

45,0

49,1

24 mesi

49,2

47,3

51,4

48,1

46,1

50,1

30 mesi

50,2

48,5

51,6

48,8

47,0

50,8

36 mesi

50,4

48,9

51,9

49,3

47,5

51,1

Circonferenza toracica


Età

Maschi

Femmine

 

la media è

ma è normale

la media è

ma è normale

da

a

da

a

Nascita

33,2

30,6

35,7

32,9

30,8

35,0

3 mesi

40,6

38,3

42,9

39,8

37,6

42,0

6 mesi

43,7

41,6

46,3

43,0

40,6

45,4

9 mesi

46,0

43,7

48,9

45,5

42,7

47,9

12 mesi

47,5

45

50,7

47

44,2

49,5

2 anni

50,8

48,5

54

50

47,5

53

3 anni

52,5

50

55,8

52

49,3

55

4 anni

53,7

51

57,2

53

50,7

56,5

5 anni

54,5

51,5

57,5

53

50,2

56,5

6 anni

56

53,2

59,5

54,5

51,5

58,2

7 anni

57,8

54,9

61,6

56,1

52,8

60,1

8 anni

59,8

56,7

64,1

57,8

54,2

62,3

9 anni

61,8

58,4

66,7

59,6

55,5

64,7

10 anni

63,9

60,1

69,4

61,4

56,9

67,4

11 anni

65,9

61,7

71,9

64,2

58,6

70,5

12 anni

67,8

63,3

74,2

66,7

60,6

73,8

13 anni

70,3

65,0

77,4

68,6

62,9

76,7

14 anni

74,5

67,6

81,4

69,9

64,6

78,6

15 anni

78,0

71,1

84,8

70,9

65,5

79,8

16 anni

80,7

74,4

87,8

71,6

66,1

80,5

17 anni

82,5

76,4

89,7

72,1

66,4

80,9

18 anni

83,4

77,5

90,7

72,3

66,6

81,1

 

La circonferenza del torace alla nascita è inferiore a quella cranica. Durante il primo anno si ha il "sorpasso" poi per tutta la vita è superiore. Per controllarla basta un comune metro da sarta che circondi il torace all'altezza dei capezzoli. Ecco i valori.

ANNI

MASCHI

FEMMINE

 

in media è

Ma è normale

in media è

Ma è normale

 

da

a

da

a

1

46,7

43,5

51,9

47,0

43,1

50,9

2

50,8

47,4

54,9

50,1

46,3

54,2

3

52,4

48,9

57,0

51,9

47,9

56,7

4

53,7

50,1

58,9

53,1

49,2

59,0

5

54,5

51,6

57,5

52,9

50,2

56,5

6

56,1

53,2

59,5

54,5

51,5

58,2

CLITORIDE.
Alla nascita è relativamente voluminoso, ma le dimensioni normali fino a otto anni sono 5 mm x 3

COCOMERO.

Per bambini e adolescenti è il frutto più gradito ed è seguito a molta distanza dalle fragole che sono al secondo posto e dall’uva al terzo. È sicuro dal punto di vista igienico infatti, se lo si compra intero, la buccia protegge la parte commestibile interna dalle contaminazioni: sarà sufficiente lavare la buccia, lavarsi le mani e, tagliandolo a fette, si potrà mangiare tranquillamente in qualunque posto.

Per questo lo si potrà proporre ai bambini o adolescenti inappetenti perché è molto probabile che lo gradiscano: potremmo iniziare a “riappacificarsi” con il cibo introducendo nello stesso tempo un alimento salutare, infatti, ottima la composizione: il cocomero è il frutto che contiene più acqua: la parte commestibile è costituita dal 95% di acqua, perciò serve a dissetare e far introdurre il liquidi quasi come l’acqua minerale delle bottiglie delle sorgenti, ma il cocomero ha un vantaggio in più: fa introdurre anche vitamine e sali minerali, per reintegrare anche quelli persi con il sudore, in particolare, fra i frutti estivi, il cocomero si colloca al terzo posto per il contenuto in potassio (dopo melone e albicocche). Per il contenuto in sodio è al secondo posto dopo il melone. Fra le vitamine introdotte, il cocomero è al terzo posto per il contenuto in vitamina A e in vitamina C, sempre dopo albicocca e melone. Contiene pochissime calorie, 15 ogni 100 grammi di parte commestibile, mentre il melone e le albicocche ne contengono il doppio, rispettivamente 33 e 28 e ora che siamo tutti in soprappeso è un enorme vantaggio, infatti, potendo mangiare in pratica quanto cocomero si vuole, senza correre il rischio di “ingrassare”, si può introdurre in abbondanza acqua, sali e vitamine pertanto lo si potrà consigliare, e far mangiare liberamente a bambini e adolescenti soprappeso od obesi.
È utile però anche nel caso di adolescenti con anoressia: il basso contenuti calorico potrebbe far accettare bene il cocomero contribuendo a sbloccare una situazione di rifiuto del cibo.

COLICHE.
Sono definite anche del lattante; del primo trimestre; gassose. Si presentano in genere da 15 giorni a 3 mesi. Sono più frequenti il pomeriggio e la sera. Il bambino inizia a piangere improvvisamente. Il bambino è irritato, rosso in volto, tiene le gambe flesse sulle cosce e queste sull’addome. L’addome è più teso del solito e si avvertono dei borborigmi (rumori). Il bambino piange in modo violento senza che i genitori riescano a consolarlo. Le coliche durano anche per ore e il bambino emette grida sempre più intense e acute, senza lasciarsi consolare, ma è importante inquadrarle nella giusta dimensione ricordando che le coliche sono solo crisi prolungate di pianto. Queste conclusioni sono il risultato di numerose ricerche scientifiche, che hanno dimostrato che il bambino non ha malattie né allergie, né dolore addominale (“mal di pancia”).
Anche se un tempo venivano chiamate “coliche gassose” non sono provocate dall’aria penetrata con il latte nello stomaco e non espulsa con il “ruttino”.
Solo in pochissimi casi le coliche sono dovute a un’intolleranza al latte.
Per gestire un bambino che piange i genitori devono possedere autostima (sicurezza in se stessi) e non farsi prendere da inutili paure. Solo stando calmi potranno rassicurare il proprio figlio che così smetterà di piangere: non stupisce perciò che tre categorie di genitori hanno maggiori probabilità di avere figli con le coliche; ecco quali sono:
1)   chi ha pochi figli e soprattutto il primo: in questo caso prevale l’inesperienza
2)   età avanzata della madre: è in gioco un senso di inadeguatezza: la mamma pensa che, essendo “matura”, sia meno “brava” ed “efficiente” ad allevare il figlio (scientificamente è dimostrato che non è vero).
3)   chi allatta al seno: la colpa è dell’insicurezza, perché non si sa la quantità di latte assunto e si teme sempre che il bambino abbia fame.
Nel 75% dei casi si tratta di crisi di pianto prolungate, di fronte a cui i genitori perdono la calma, il bambino si accorge della loro tensione e si impaurisce anche lui sempre di più e così piange più forte, infatti, all’inizio della crisi con il pianto, il bambino chiede di essere rassicurato e coccolato, cosa che invece i genitori non sanno fare perché temono che possa avere una malattia. Nel caso delle coliche del lattante, “pianto chiama pianto”.
Il confronto fra coliche e pianto dimostra sorprendenti somiglianze

Coliche

Età del bambino

Pianto. Quante ore?

Iniziano

15 giorni

2 ore e ¼

Sono molto intense

2° mese

2 ore e ¾

L’ultimo mese in cui ci sono. Dopo non si presenteranno più

3° mese

1 ora e ¼- 2 ore
Dopo il bambino inizia a piangere sempre di meno perché può comunicare con l’ambiente in altri modi

Pomeriggio e sera

momento della giornata in cui piange di più

Pomeriggio e sera

In un numero piccolissimo di casi le coliche sono dovute a malattie, soprattutto dell’apparato digerente, in particolare allergia alle proteine del latte vaccino, intolleranza al lattosio, maggior concentrazione di ormoni intestinali (motilina) o, meno frequentemente, al reflusso gastro-esofageo.

Che cosa è importante sapere e ricordare

È importante che i genitori ricordino che il bambino che presenta le coliche  non ha una malattia, né un’allergia e che perciò le coliche sono solo crisi di pianto prolungate. Inoltre che vengano informati che non servono farmaci, e anche per quelli comunemente usati non ci sono prove scientifiche che ne dimostrino l’utilità. È opportuno invece che i genitori imparino a “tradurre il pianto” (vedi Pianto). In particolare i genitori devono capire che se di fronte al proprio figlio che piange loro entrano in ansia, pensando che abbia una malattia che non riescono a riconoscere, il bambino anziché essere rassicurato avvertirà maggiormente la tensione dei genitori, piangendo più forte e innescando così un circolo vizioso. Questo ultimo concetto se spiegato bene tranquillizza i genitori.
Questionario per i genitori.
Rispondere a ogni domanda, poi sommare i punteggi scritti sull’ultima colonna di destra.


Domanda

Risposta

Punteggio

Quante ore dura ogni giorno la colica?

Meno di 1 ora

1

Da 1 a 3 ore

2

Più di 3 ore

5

Com’è l’intensità del pianto?

Non è continuo

1

È continuo, cioè non  cessa mai durante la colica

2

È sempre più intenso e il bambino non si lascia consolare

5

 

Quando si presentano?

Solo dopo le 22

1

Dalle 18 in poi

2

In qualunque momento della giornata

5

Quante volte si presenta?

Da 1 colica al mese fino a 3 alla settimana

1

4 coliche alla settimana

2

5 o più coliche alla settimana

5

Il risultato
l   fino a 10 punti: si tratta di coliche funzionali (senza malattie)
l   uguale o superiore a 11 punti: si tratta di coliche severe
Nelle coliche funzionali (rappresentano il 75% del totale).
Che cosa fare: in questa prima fase si dovrebbero solo effettuare “coccole” (si chiamano “manovre consolatorie”), cioè prendere in braccio il bambino, cullarlo, offrirgli il succhiotto, parlargli dolcemente, cantargli una melodia. Si può anche somministrare al bambino la camomilla, perché ci sono prove scientifiche attendibili che dimostrano che fanno cessare le coliche. Non è necessario viene modificata la dieta della mamma, se allatta al seno o del tipo di latte se il bambino viene nutrito artificialmente.
Nelle coliche severe (rappresentano il 25% di tutte le coliche).
Che cosa fare: escludere la presenza di una intolleranza alimentare, perciò si deve:

  • se il bambino è allattato al seno, escludere dalla dieta della madre, latte e derivati, uova e pesce mentre,
  • se è allattato artificialmente, dovrà assumere latti a base di idrolisati di caseina o latte di soia.

Vengono usati spesso anche farmaci spasmolitici, per esempio cimetropio bromuro, però non esistono studi sufficientemente controllati, per valutare l’effettivo miglioramento clinico che possono determinare.

COLLOQUIO MEDICO-PAZIENTE.
I consigli che il medico darà saranno basati sulle cose che il genitore dirà. È chiaro che il medico farà delle domande, spesso che prevedono una risposta sì o no o comunque una risposta ben precisa, in base alle quali il medico si farà un’idea.
Organizzare le cose da dire.
È importante però che il genitore sappia narrare bene la situazione. Per questo è bene che descriva i sintomi e i disturbi riferendo solo ciò che il bambino presenta. Deve ricordare quali sono comparsi per prima, la loro successione. In particolare deve riferire i gradi della febbre, se la tosse è “grassa” o “secca”, il numero delle scariche della diarrea nell’arco della giornata e da quanti giorni dura. Quante volte ha vomitato. Se dice che ha dolore da qualche parte e se si tratta dell’addome, se al centro o delle zone più periferiche. Da quanto tempo dura, se è intermittente, cioè va e viene. Se c’è vomito, quanti episodi si siano presentati in 24 ore.
Sulla base di queste risposte ogni genitore dovrà cercare di ricostruire la storia della malattia del bambino.
Ecco alcuni consigli per i genitori per una migliore comunicazione medico-paziente.
Quando il genitore riferisce al medico sintomi, sensazioni, comportamenti, deve cercare di essere sempre più obbiettivi possibile, privilegiando le descrizioni, anche di eventuali sensazioni soggettive, ma escludendo le opinioni e le interpretazioni personali, in modo che il medico possa basarsi su elementi di valutazione che siano il più possibile reali.
Il genitore potrà invece descrivere o dire invece ciò che preoccupa, in modo che il medico possa, quando è possibile, rassicurare il paziente
Non dovrà omettere nulla per il timore di essere giudicati male: renderebbe solo più difficile il compito del medico
Quando gli adulti parlano del proprio bambino, devono coinvolgerlo nel dialogo, lo devono guardare e includere le parole del bambino nei riassunti che si fanno durante il colloquio «dunque lei signora dice che… e Tommaso ci ha detto che…», anzi è bene chiedere al bambino il suo parere o far raccontare a lui stesso la situazione
Se il genitore non capisce quello che dice il medico, non si deve vergognare a richiedere chiarimenti
Se non è il medico a dirlo deve essere il genitore a chiedere quando è necessario ritelefonare o far visitare il bambino.
Se il medico dice di prendere dei farmaci è bene che il genitore gli ripeta le dosi da assumere, è un modo per controllare se ha capito bene.
È bene che il genitore si faccia riconoscere con esattezza dal medico. Quando telefona la mamma non deve presentarsi con il proprio cognome, ma con quello del bambino.
Se si telefona prima di chiamare è bene avere a disposizione carta e penna, il nome dei farmaci che il bambino sta assumendo e quelli che si hanno in casa a disposizione e che sono già stati usati in precedenza (in ogni caso ne andrà sempre controllata la scadenza).
Prima del termine della visita, ricordarsi di chiedere sempre se e quando si debba tornare per una nuova visita, o telefonare.
Ogni proposta del medico può essere accettata o rifiutata: non è mai opportuno fare modifiche, “sconti” o “aumenti” di propria iniziativa: si inizierebbe solo di stravolgere in modo non scientifico l’azione del medico

COMPITI DURANTE LE VACANZE
Bambini e adolescenti non devono fare assolutamente i compiti durante le vacanze: le scuole chiudono d’estate non per mandare in ferie gli insegnanti, ma far riposare gli alunni. Per il loro benessere è necessario staccarsi completamente dallo stress legato all’apprendimento: studiare è utile e fondamentale, ma sempre faticoso, perciò far dimenticare la scuola non facendo vedere libri e quaderni è il modo più efficace per far “ricaricare le batterie” cioè risalire lo stress. E’ inutile anche far fare “pochi” compiti delle vacanze, per esempio due o tre volte alla settimana: si abitua solo l’alunno a studiare svogliatamente, come privazione e alternativa al gioco. In queste condizioni l’apprendimento e scarso e lo stress notevole. Allora facciamo riposare i figli che arriveranno rilassati a settembre pronti a ripartire e il prossimo inverno si ammaleranno anche meno perché lo stress abbassa le difese facilitando le infezioni. Nessuna paura nemmeno che gli alunni dimentichino le nozioni acquisite perché le cose apprese da piccoli sono quelle più durature. Sarà allora più utile per genitori e figli stare all’aria aperta anziché in stanza a fare i compiti.

COMPLIANCE.
Non c’è motivo di usare il termine inglese perché in italiano si traduce: collaborazione (del paziente nell’esecuzione della cura e delle indicazioni  del medico in generale).

COMPUTER.
Il bambino e l’adolescente non devono stare davanti a un video, perciò televisione, computer o videogiochi (vedi) complessivamente per più di due ore al giorno: di questa quota l’uso del computer non dovrà mai superare la metà, cioè

  • non più di un’ora al giorno, però se ne può aumentare il tempo, se li usa insieme ai coetanei, così da evitare di  isolarsi dagli altri, può
  • aumentare di mezz’ora, cioè un’ora e mezzo in totale, se il bambino gioca al computer con un coetaneo,
  • di un’ora (cioè complessivamente due ore), se gioca con due o più coetanei.

I genitori, comunque, non devono mai sfruttare, la televisione, i videogiochi e il computer come babysitter, ma, al contrario, devono offrire delle alternative al “comodo” compagno virtuale, perciò, quando il bambino ha meno di dieci anni, giocare insieme a lui, portarlo fuori a spasso o andare insieme in bicicletta. A tutte le età invitare gli amici, mentre, quando ha più di dodici anni, spingerlo a uscire con gli amici. Vediamo ora quando fa bene e quando fa male

Vantaggi

l   Facilità l’apprendimento perché favorisce l’esecuzione delle operazioni mentali proprie di ciascuna età: dai sette ai dodici anni inizierà a elaborare le nozioni che vede o legge nel computer, mentre dai tredici in poi potrà effettuare anche ricerche, esplorare nuove vie, cioè fare delle ipotesi.
l   La facilità con cui, attraverso Internet, si possono spedire e ricevere messaggi di posta elettronica (email) è un invito a scrivere.
Anche la possibilità di consultare i CD Rom o i vari siti web permette un’arricchimento di informazioni, di conoscenze e, globalmente, la possibilità di ampliare il proprio orizzonte, senz’altro utile anche per la scuola.
l   I coetanei: più che la possibilità di incontri in rete, il vantaggio di usare gli stessi programmi per il computer o i videogiochi facilita gli adolescenti a sentirsi uguali ai coetanei e perciò acquisire sicurezza.
Svantaggi
l   Il rischio dell’isolamento: se il tempo che il bambino o l’adolescente hanno a disposizione lo trascorrono in compagnia di un videogioco o del computer, finirà che tutti i propri interessi, i pensieri, le aspirazioni, si proietteranno in questo mondo virtuale che acquisirà un’importanza così rilevante da sostituirsi al mondo reale e preferirà stare davanti al video che con i coetanei, isolandolo sempre di più.
      Che cosa fare
Limitare, come abbiamo detto, il tempo trascorso al computer, in più i genitori devono interessarsi al mondo del computer in modo da non creare una barriera all’interno della famiglia

    • Il rischio della vita sedentaria perché si sta seduti troppo tempo

Che cosa fare

      I genitori devono organizzare l’attività fisica di figli: è necessario che compiano almeno cinque ore alla settimana di attività sportiva, compresa quella effettuata durante l’orario scolastico.

  • L’accesso a siti “cattivi”, da quelli pornografici, di estremismo politico, di tranelli commerciali e così via.

      Che cosa fare
I genitori devono controllare e vigilare sull’uso che i figli fanno di Internet e, se necessario, parlargli apertamente, senza pudori, illustrandogli le motivazioni e finalità nascoste di chi organizza tali siti.

CONDOM.
Non c’è motivo di usare il termine inglese perché in italiano si traduce: preservativo.

CONDOTTE ALIMENTARI: DISTURBI.
(Sono i disturbi dell’alimentazione) Possono essere di vari tipi.
Comportamenti alimentari instabili.
Durante i pasti il comportamento alimentare non è modificato, ma l’adolescente presenta condotte particolari:
Voglia
È una sensazione imperiosa di fame. L’appetito alimentare resta adeguato perché l’adolescente mangia ciò che gli piace.
Bulimia
È presente nell’1% delle femmine.
Le caratteristiche:

  • Si verificano almeno due episodi la settimana per almeno tre mesi.
  • L’attacco dura un tempo variabile: da qualche minuto a un’ora, mai più di due ore.
  • Durante l’episodio di bulimia, c’è la paura di non riuscire a smettere di mangiare.
  • È seguito da un profondo malessere, prostrazione, disgusto, umiliazione e svalutazione di se stesso e da tentativi di provocare il vomito.

Le cause:
È un impulso improvviso e irresistibile a mangiare. Non si accompagna sempre a una sensazione di fame, ma è la risposta a un sentimento diffuso di malessere, di vuoto, di solitudine, di angoscia o a uno stato depressivo transitorio.
Anoressia abituale del secondo semestre

  • Si manifesta dopo il sesto-ottavo mese.
  • È intermittente e irregolare.
  • È una anoressia d’opposizione e di rifiuto verso l’ambiente.
  • È in rapporto con il raggiungimento di alcune tappe dello sviluppo affettivo.
  • Importanza del rapporto madre/bambino.

Anoressia da 2 a 10 anni
Non è più solo opposizione ma diventa un giuoco di potere.
Anoressia nell’adolescenza

  • Rapporto maschi/femmine 1:10.
  • Presente nello 2% delle femmine.
  • Il 50% delle anoressiche presenta anche episodi bulimici.
  • Distribuzione bimodale: picco a 14,5 e 18 anni.
  • Il 25% dei casi interessa soggetti di età inferiore a 13 anni.

Le caratteristiche:

  • Amenorrea.
  • Attività fisica eccessiva.
  • Negazione della fame.
  • Attenzione alla preparazione del cibo.
  • Comportamenti alimentari bizzarri.
  • Diligenza nello studio.

Le cause:

  • Paura intensa di diventare obesi.
  • Disturbo del modo in cui viene vissuto il peso corporeo.
  • Rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra di un valore minimo.

CONGIUNTIVITE.
È l’infiammazione con arrossamento degli occhi, che spesso si associa a raffreddore. È sconsigliabile somministrare colliri senza il parere di un medico. Si possono pulire gli occhi, se ce n'è bisogno, con un batuffolo di cotone fatto bollire per 5-10 minuti in acqua e, naturalmente, fatto raffreddare prima dell'uso.
Le congiuntiviti possono essere di tre tipi. Le più frequenti, sono quelle provocate dai batteri. Meno frequenti ma più contagiose quelle dovute a virus. Le forme allergiche sono dovute ai pollini delle piante.

  • Congiuntivite batterica. La si riconosce da un segno inconfondibile costituita dagli “occhi appiccicati” soprattutto al mattino. Sugli occhi, soprattutto nel bordo delle palpebre c’è una secrezione di colore bianco-giallastro che, se densa, impedisce l’apertura delle palpebre. La zona bianca del bulbo oculare può essere arrossata, mettendo in mostra una parte della rete dei piccoli vasi sanguigni. Abbassando con il pollice la palpebra inferiore, in modo da vederne l’interno, la si noterà di un rosso particolarmente intenso, tendente al carminio.
  • Congiuntivite virale. È meno frequente della precedente ma più contagiosa. Si riconoscono perché il bambino presenta un’abbondante lacrimazione, ha l’occhio arrossato e può avere febbre, senza però avere mai gli occhi “appiccicati” come nel caso precedente, inoltre c’è mal di gola e spesso  febbre. In questi casi il bambino non dovrà tornare a scuola fino a quando non sia guarito (in alcuni casi sono necessarie anche 2-3 settimane). In genere viene usata una terapia sintomatica (solo per alleviare il fastidio). Si possono usare lacrime artificiali o colliri contenenti derivati del cortisone.
  • Congiuntiviti allergiche. Quasi tutte sono provocate dai pollini delle piante  perciò sono tipiche della primavera. Il primo segno  utile al riconoscimento, , lo fornisce la stagione e la fioritura delle piante. La conferma si ha osservando gli occhi: le palpebre sono gonfie, la parte bianca dei bulbi oculari è intensamente arrossata e coperta da lacrime, infatti la lacrimazione è abbondante, la luce dà noia e il bambino dice di aver prurito agli occhi. Quasi sempre c’è anche il raffreddore del tipo allergico con un’abbondante secrezione nasale, liquida e limpida che ricorda l’acqua e il bambino starnutisce in continuazione, spesso anche 20-30 volte di seguito. Per la cura al solito si deve attendere il medico, ma il bambino può andare a scuola senza nessun problema perché naturalmente questa forma non si contagia.

Osservando, però, la presenza o l’assenza di certi sintomi, anche i genitori possono capire di cosa si tratti. Ecco cosa valutare:
l   c’è una secrezione giallastra e/o gli occhi sono appiccicati: la secrezione giallognola viene prodotta dai batteri, in questo caso si tratta di una congiuntivite batterica. Spesso la congiuntivite inizia da un solo occhio, in alcuni casi quello del lato opposto viene risparmiato, in altri si arrossa successivamente.

Che cosa fare

-     Come si medicano gli occhi Quando gli occhi sono “sporchi”, cioè c’è quella secrezione giallastra che li rende “appiccicati”, per “lavarli” basta far bollire un batuffolo di cotone per 5-10 minuti, che poi va lasciato raffreddare e questo è il modo più sicuro per la pulizia dell’occhio.

  • Prima di instillare colliri o applicare pomate sull’occhio si devono asportare le eventuali secrezioni con un batuffolo di cotone fatto bollire per cinque-dieci minuti e fatto raffreddare.
  • I genitori non devono applicare sull’occhio nessun tipo di medicina (colliri, pomate) senza il parere del medico, perché, anche se sono farmaci per uso esterno, possono determinare reazioni sfavorevoli nell’organismo.
  • Si deve continuare a somministrare il farmaco per due giorni dopo che è scomparsa la secrezione dall’occhio.
  • Basta una sola applicazione del collirio e il bambino o l’adolescente può tornare a scuola.
  • quando gli occhi presentano una secrezione e perciò, probabilmente, la congiuntivite è di origine infettiva, questa forma si trasmette con facilità da persona a persona, perciò si devono lavare sempre le mani e il paziente con congiuntivite deve usare asciugamani propri.
  • Se c’è il raffreddore o anche solo il naso chiuso per garantire il normale deflusso delle lacrime nel naso, tramite il canale naso-lacrimale ed impedire che l'infiammazione si diffonda per questo condotto, è opportuno garantire sempre la perfetta pulizia del naso.

Quando finisce la convalescenza ed è possibile rientrare a scuola?
Dopo la prima istillazione del collirio.

l   ha solo gli occhi rossi: se sono ambedue arrossati, le ipotesi più probabili sono tre:
1)  potrebbe essere dovuto alla luce solare e in particolare ai raggi ultravioletti: non si deve fare nulla, ma il bambino andrà tenuto lontano dalla luce intensa finché gli occhi siano tornati normali
2)  se il bambino va in piscina potrebbe essere il cloro o gli altri disinfettanti che irritano la congiuntiva determinando gli occhi rossi: in questo caso è necessario che il bambino faccia il bagno in piscina usando la maschera subacquea. In teoria basterebbe usare un paio di occhiali subacquei, che però non sono mai ben accettati, mentre con la maschera non ci sono mai problemi
3)  potrebbe trattarsi di congiuntivite allergica: in questo caso è presente prurito agli occhi, lacrimazione abbondante. In genere le palpebre sono gonfie e dà noia la luce: c’è anche il raffreddore, perciò vai al punto successivo.
l   c’è anche il raffreddore: le ipotesi più probabili sono due e per distinguerle si devono osservare le caratteristiche del muco nasale:
1)  se il muco è liquido, limpido, trasparente, di un aspetto che ricorda quasi l’acqua, la secrezione è abbondante e il bambino esegue molti starnuti in modo ravvicinato anche trenta uno di seguito all’altro, si tratta di congiuntivite allergica. Se ne dovrà parlare con il proprio medico, ma soprattutto si dovrà capire quale sia la sostanza (scientificamente si chiama allergene) che determina la congiuntivite.
2) se la secrezione del naso è più densa, mucosa, soprattutto se vi si notano delle tracce verdastre, si tratta di un comune raffreddore infettivo e la congiuntivite potrebbe avvenire perché si chiude quel piccolo canale che mette in comunicazione il naso con l’occhio e che serve a raccogliere le lacrime, che perciò restano nell’occhio, ristagnano e si infettano.
      Che cosa fare
In questo caso la prima cura per la congiuntivite è tenere libero il naso. Nel bambino piccolo che non sa soffiarsi il naso, si deve liberarlo, lavandoglielo con la soluzione salina, che si acquista in farmacia. Si possono usare i prodotti già preparati per essere iniettati nel naso, oppure, ed è la soluzione più economica,  acquistare (in farmacia) un flacone di soluzione fisiologica che si chiama sodio cloruro e iniettata nel naso usando una siringa senza ago. Nell’eventualità che l’occhio sia “appiccicato” e si veda una secrezione giallognola, si faranno i lavaggi come abbiamo già descritto.
l   c’è febbre e/o mal di gola: molto probabilmente è dovuta a un virus e il principale indiziato è l’adenovirus, che determina una malattia che si chiama febbre faringocongiuntivale.

CONSENSO.
Quando genitori, figli o medici sono in disaccordo:
Ecco le varie possibilità.

  • I genitori rifiutano un trattamento, ma il figlio minorenne vi vuole essere sottoposto.

Secondo la legge l’intervento dovrebbe essere rimandato finché il minore non abbia compiuto 18 anni, ma deve essere il medico a stabilire quale sia l’utilità per il minore. È il caso per esempio quando un figlio (soprattutto le femmine) voglia sottoporsi, in contrasto con i genitori a un intervento di  chirurgia estetica. In questi casi si può anche attendere, ma se al contrario si tratta di un intervento risolutivo e improcrastinabile (per esempio una trasfusione, un trattamento in caso di tumore o di sottoporlo a una vaccinazione) e i genitori la rifiutano per esempio in base a convinzioni religiose, il medico può informare la Procura della Repubblica presso il tribunale dei Minori e il Giudice potrebbe sospendere momentaneamente la potestà genitoriale e nominare un tutore.

  • I genitori vogliono far sottoporre il figlio a un intervento mentre il figlio minorenne lo rifiuta.

Il parere del figlio è determinante solo dopo il compimento del 18° anno, ma certo non si può prescindere dal parere del minore: secondo molti medici un rifiuto da 14 a 16 anni è un disagio, mentre da 16 a 18 diviene un problema e un impedimento.

  • Genitori e figlio rifiutano un trattamento.

In questo caso il medico, se ritiene che l’intervento sia indispensabile per la salute del minore, deve informare la Procura della Repubblica presso il Tribunale dei Minori.

  • I genitori sono in contrasto fra loro: uno vuole eseguire un intervento, mentre l’altro lo rifiuta.

- Se si tratta di intervento di urgenza prevale la volontà del padre in base all’art. 316 del Codice civile che recita «se sussiste un incombente pericolo di un grave pregiudizio per il figlio il padre può adottare provvedimenti urgenti e indifferibili».
- Se non si tratta di una situazione di urgenza sarà il Tribunale dei minori stabilire cosa sia più opportuno per il minore.

  • Se i genitori sono separati.

Il consenso informato deve essere rilasciato da ambedue i genitori.

CONTROLLO SFINTERICO.  
Le bambine  imparano tre mesi prima dei maschi a controllare pipì e pupù:a 26 mesi trattengono la pipì per 2 ore e manifestano la volontà di andare  sul vasino a 32 restano asciutte tutto il giorno. I maschi l fanno tutto con tre mesi di ritardo.

CONTUSIONI.
È indicato un impacco con ghiaccio della durata di mezz’ora, mentre tutti i tipi di pomata sono inefficaci.

CONVALESCENZA.  
Ecco una tabella riassuntiva sul periodo di convalescenza delle varie malattie elaborato in base alle attiali disposizioni.
Quando tornare a scuola?

Malattia

Quando rientrare

Congiuntivite (occhi rossi e secrezione)

Dopo la prima istillazione del collirio

Diarrea

Se la diarrea dura da meno di 5 giorni, con meno di 8 scariche il giorno e senza la presenza di sangue, il bambino può frequentare la scuola.
In caso contrario deve essere effettuata la coprocoltura per dimostrare l’assenza di batteri, soprattutto salmonella, oppure attendere la guarigione cioè la scomparsa delle scariche

Faringotonsillite da streptococco betaemolitico di gruppo A (deve esserci febbre e tampone faringeo positivo)

Dopo che sono passate 24 ore dall’inizio  dell’assunzione dell’antibiotico e/o quando la febbre è scomparsa da almeno 24 ore

Febbre

Dopo 1 giorno da quando  è scomparsa (la maggioranza dei virus che determinano febbre nel bambino hanno il periodo di massima contagiosità, proprio nel periodo febbrile

Gengivostomatite aftosa (ulcere in bocca e gengive arrossate)

Dopo la guarigione clinica

Impetigine (è l’infezione della pelle)

Dopo 24 ore da quando si è iniziata la terapia con antibiotico

Influenza

1 giorno dopo la scomparsa della febbre

“Mal d’orecchie”

Nessuna limitazione, cioè il bambino può stare a scuola, se c’è febbre può rientrare un giorno dopo la scomparsa.

“Mal di gola”

Nessuna limitazione, cioè il bambino può stare a scuola, se c’è febbre può rientrare un giorno dopo la scomparsa.

Mononucleosi infettiva

Dopo la guarigione clinica

Morbillo

Dopo 4 giorni dalla comparsa dell’esantema

Ossiuriasi (vermi nelle feci)

Dopo 24 ore da quando è stato  preso, per la prima volta, il farmaco specifico

Parotite

Dopo 9 giorni dall’inizio del rigonfiamento

Pertosse

Dopo avere eseguito per 5 giorni la terapia con antibiotici

Pidocchi (pediculosi del capo)

Dopo aver eseguito il primo trattamento

Quinta malattia (megaloeritema)

Nessuna limitazione

Raffreddore

Nessuna limitazione, cioè il bambino può stare a scuola; se c’è febbre può rientrare un giorno dopo la scomparsa.

Rosolia

Dopo la guarigione, cioè la scomparsa dei sintomi eventualmente presenti

Scarlattina

Dopo 48 ore dall’inizio dell’assunzione degli antibiotici e un giorno dopo la scomparsa delle febbre

Sesta malattia (exantema subitum)

1 giorno dopo la scomparsa della febbre

Tosse

Nessuna limitazione, cioè il bambino può stare a scuola; se c’è febbre può rientrare un giorno dopo la scomparsa.

Varicella

Dopo 5 giorni dalla comparsa della prima vescicola

Voce rauca

Nessuna limitazione, cioè il bambino può stare a scuola: se c’è febbre può rientrare un giorno dopo la scomparsa.

Vomito

Nessuna limitazione, cioè il bambino può stare a scuola;se c’è febbre può rientrare un giorno dopo la scomparsa.

CONVULSIONI FEBBRILI.
Si presentano nel 5% della popolazione. I casi non sono però distribuiti in maniera omogenea fra tutta la popolazione, infatti le convulsioni febbrili sono più frequenti in alcune famiglie e meno in altre.
La crisi convulsiva più frequente che si presenta quando il bambino ha la febbre, si chiama semplice e tipica. È  di durata inferiore a 10 minuti, generalizzata, cioè a carico di tutto l’organismo, presente in un bambino che ha un’età compresa tra 1 e 5 anni e naturalmente si è presentato quando la febbre era sopra 38°C. In questo caso non si deve eseguire l’elettroencefalogramma né altri esami o accertamenti, né altri trattamenti farmacologici (cioè  non deve assumere farmaci per prevenzione). 
Se la crisi convulsiva si è presentata quando non c’erano tutte queste caratteristiche vanno eseguiti accertamenti, primo fra tutti l’EEG (elettroencefalogramma) perché l’episodio convulsivo potrebbe essere il sintomo di una malattia.
I genitori possono essere rassicurati sulla benignità della situazione, soprattutto con la spiegazione dell’origine delle convulsioni febbrili dovute a una prevalenza delle sinapsi (componente del cervello) eccitatorie sulle inibitorie durante i primi anni di vita, che poi tende a scomparire. È importante anche capire che non c’è nessun rapporto fra l’epilessia e le convulsioni febbrili.
Dopo un primo episodio di convulsioni febbrili i genitori devono tenere in casa il diazepam 0,5-1 mg/kg/pro dose (cioè ogni volta) da usare per via endorettale (per clistere) se si manifesta una nuova crisi convulsiva.

 

Convulsioni febbrili ed epilessia

I “numeri” delle convulsioni febbrili ne escludono il rischio e il rapporto:
In Italia ci sono due milioni e mezzo di persone, di età compresa fra i sei mesi e più di cento anni, che hanno presentato le convulsioni febbrili. Di questi 750 mila ne hanno avuto più di un episodio e poco più di 60 mila hanno avuto anche l’epilessia (ma il dato è di poco superiore alla media normale della popolazione). 25 mila invece hanno presentato le convulsioni in forma più seria, cioè  “a rischio” e infatti solo fra questi ci sono 12.500 persone che hanno presentato l’epilessia.

Ecco che cosa devono sapere i genitori.
Un bambino ogni 20, prima di aver compiuto sei anni, mentre aveva la febbre alta, ha presentato le convulsioni: cioè è rimasto senza forze in tutto il corpo, oppure si è irrigidito, presentando anche scosse incontrollate alle braccia o alle gambe. Questi episodi si chiamano convulsioni febbrili. Non sono provocate da una malattia del sistema nervoso, e perciò non hanno nulla a che vedere con l’epilessia. Sono soltanto uno dei segni che ci dimostrano che il bambino è ancora piccolo: infatti il suo cervello non ha ancora completato lo sviluppo, e perciò per ora funzionano più gli “interruttori” che “accendono” i movimenti, rispetto a quelli che li “spengono”. Solo nell’adulto, infatti, questi “interruttori (scientificamente si chiamano “sinapsi”) sono in numero uguale e perciò si controllano a vicenda. Quando arriva la febbre, che accelera tutti i processi dell’organismo, il cervello del bambino farà funzionare di più tutti i propri “interruttori” e poiché quelli che “accendono” i movimenti sono di più, l’organismo va in “tilt” manifestando le convulsioni.
Nella maggior parte dei casi il bambino che ha avuto una convulsione febbrile tuttavia non ne ripresenterà più alcun episodio.

CORPI ESTRANEI.

La causa di questo tipo di incidente è sempre la mancanza di sorveglianza e trascuratezza degli adulti.

Il 50-60% dei casi di introduzione di corpi estranei riguarda i bambini di meno di tre anni, con un picco di casi verso i sei mesi: questi dati sono spiegabili perché in questa fascia di età i bambini hanno la tendenza di portare alla bocca tutto ciò che trovano, ma per fortuna in questo periodo sono attratti di più da giochi voluminosi come i cubi o gli oggetti da incastrare che da quelli più difficili da manipolare. Per le età successive, quando cresce l’interesse per le sorprese cala notevolmente il rischio di inalare un corpo estraneo: fra i 3 e i 6 anni si verifica il 20% di tutti i casi e questo tipo di incidente è raro dopo i 7 anni.
La principale responsabilità dell’introduzione dei corpi estranei è sempre degli adulti che non vigilano a sufficienza sui bambini, perciò, è bene rendere un ambiente sicuro per i bambini, allontanando tutti gli oggetti pericolosi.
Se si esamina la natura degli oggetti ritrovati accidentalmente nell’apparato respiratorio, al primo posto troviamo i frammenti di cibo.
In caso di situazione acuta, cioè di sindrome da penetrazione, si deve effettuare una endoscopia urgente anche se si verifica un miglioramento transitorio. Quando invece i sintomi sono sfumati, i genitori non si sono accorti o anche solo hanno potuto sospettare che il bambino abbia introdotto accidentalmente un corpo estraneo in bocca, la diagnosi viene posta solo escludendo altre cause. I sintomi che possono far pensare che il bambino abbia potuto introdurre un corpo estraneo in bocca, che gli sia penetrato nell’apparato digerente o respiratorio sono principalmente la tosse e il vomito. I sintomi cambiano se dalla bocca il corpo estraneo prende la via dell’apparato respiratorio o, come avviene più frequentemente, di quello digerente.
Se la localizzazione è all’

  • apparato digerente (è l'eventualità più frequente): se si arrestano a livello dell’esofago si ha disfagia (è la difficoltà a deglutire) nel 90% dei casi, rifiuto del cibo nell’85%, rigurgito e/o vomito nel 60%, scialorrea (eccessiva salivazione) nel 40% dei casi, tosse nel 30%;
  • apparato respiratorio (è meno frequente) la tosse è presente nel 70% dei casi, la dispnea (è la difficoltà respiratoria) con sibili nel 65% e all’auscultazione si avvertirà una diminuzione del murmure vescicolare.

I corpi estranei penetrati nelle vie respiratorie vengono espulsi spontaneamente con la tosse solo nel 2-4% dei casi, pertanto andranno estratti in broncoscopia. Situazione opposta per quelli che penetrano nelle vie digestive: nel 90-95% dei casi il corpo estraneo viene eliminato attraverso le vie naturali, senza complicanze. Vanno rimossi invece solo se si arrestano all’esofago, sono traumatizzanti, voluminosi o si tratta di pile al litio. Se resta nello stomaco per più di 3 settimane, che si riducono a 48 ore se si tratta di pile.
Sono da evitare in particolare tutte le manovre tramandate dalla cultura popolare, come battere leggermente la schiena, cercare di far vomitare il bambino o capovolgerlo tenendolo per i piedi, infatti si tratta di manovre che potrebbero peggiorare la situazione. Controproducente anche la cattiva abitudine di dare al bambino che ha inalato i corpi estranei, caramelle, pezzetti di pane o di frutta sperando che questi cibi “spingano” oltre l’ostacolo il corpo estraneo: non solo si tratta di un trattamento inefficace, ma rischia di complicare la situazione, infatti se si dovesse rimuovere il corpo estraneo in endoscopia prima di arrivare al materiale da asportare dovranno essere rimossi tutti i residui alimentari.

Vediamo in dettaglio le varie situazioni secondo la localizzazione del corpo estraneo.

Nell’apparato respiratorio

L’asfissia causata da corpi estranei nelle vie respiratorie è una delle cause principali di incidenti mortali per i bambini di età inferiore a un anno, e è al quarto posto dopo le cadute, gli avvelenamenti, le ustioni come causa di decesso per bambini di età da uno a quattro anno.
La gravità dipende soprattutto da tre caratteristiche del corpo ingoiato.
Caratteristiche: forma, volume, natura chimica.
La forma: per esempio, una spilla chiusa scivola via, mentre se è aperta può darsi che perfori la parete intestinale e sia necessario l’intervento chirurgico. Il volume: se l’oggetto è piccolo e finisce nell’apparato respiratorio penetrerà all’interno finché passa attraverso le diramazioni dei bronchi, ma lascia intatte altre parti da cui può arrivare l’aria, mentre se è grosso e si ferma alla trachea, può impedire il passaggio dell’aria e si ha il soffocamento.
Per il decorso e la gravità del quadro clinico è importante:
– sede di arresto:
laringe,
trachea,
bronchi,
– tempo di permanenza.
Sintomi:   
tosse,
senso di soffocamento,
dispnea,
disfonia,
cianosi,
dolore puntorio.
Anche se non si vede che un bambino ingoia un corpo estraneo, si può sospettare quando ha tosse, respira con difficoltà e, standogli vicino, si sentono fischi e sibili quando entra o esse aria. Se questi sintomi compaiono durante il pasto, è probabile che il bambino abbia inalato nell’apparato respiratorio un pezzetto di cibo.
Che cosa fare.
Nel 99% dei casi asportazione per via endoscopica diretta.
Se il bambino riesce a respirare, anche se con difficoltà, non si deve fare nulla, infatti i tentativi fatti in casa possono solo peggiorare la situazione, perché possono far spostare il corpo estraneo, oppure, se, per esempio gli vengono date caramelle, pezzi di pane per “spingere”, poi si avranno più materiale da asportare, infatti l’unico modo per rimuovere il corpo estraneo è portare il bambino al Pronto Soccorso e fargli estrarre il copro estraneo in endoscopia, cioè con quegli apparecchi che permettono di vedere e operare all’interno dell’organismo.
Se il bambino non respira si deve tentare il tutto per tutto. Se ha meno di un anno, andrà appoggiato sulle ginocchia di un adulto, a pancia in giù e con la testa più in basso delle altre parti del corpo poi, con il palmo della mano, gli andranno dati vigorosi colpi sulla schiena. Se ha più di un anno, ci si dovrà mettere dietro le spalle, gli andrà appoggiato un pugno chiuso sull’addome, fra l’ombelico e le costole, poi, con l’altra mano, sempre da dietro, andrà afferrata l’altra mano e andrà eseguita una energica pressione sull’addome che andrà ripetuta 5-10 volte, in modo da eliminare o spostare l’oggetto.

Nell’esofago

Ecco cosa si ritrova più frequentemente:
nei lattanti di 7-15 mesi: spille di sicurezza,
nei bambini di 3-6 anni:            monete,
piccoli giocattoli,
bottoni,
palline.

Sintomi

Tosse,
soffocamento,
dispnea,
dolore localizzato,
disfagia (difficoltà a mangiare),
scialorrea.

Che cosa fare

Attenzione: l’unica terapia valida è la rimozione in endoscopia: manovre empiriche non fanno che aggravare la situazione.

Nel canale auricolare

I corpi estranei possono essere:
minerali
vegetali
insetti.

Che cosa fare

Si possono immobilizzare con alcol o con olio minerale.
Gli oggetti più piccoli possono essere allontanati con piccole pinze o anche con irrigazioni.

COTTON FIOCK / COTTON TIP.
Non c’è motivo di usare il termine inglese perché in italiano si traduce: bastoncino cotonato.

COUNSELLING.

Non c’è motivo di usare il termine inglese perché in italiano si traduce: disciplina dei consigli (del medico).

CRAMPI E MOVIMENTI RICORRENTI NEL SONNO
Sono contrazioni soprattutto delle dita dei piedi, delle ginocchia e delle anche che durano circa 2 secondi e si ripetono all'incirca ogni 20 secondi. Se provocano frequenti risvegli durante la notte, per cui il bambino il giorno dopo ha sonnolenza, se ne deve parlare con il medico.

Che cosa fare

I genitori non devono svegliare il bambino, si tratta di un fenomeno che non richiede alcun trattamento.

CRESCITA

La crescita in cifre.

  • Statura.
    • La metà della statura che si avrà da adulti si raggiunge a 18 mesi per la femmina e 24 mesi per il maschio.
    • Il doppio della lunghezza della nascita(50 cm)si raggiunge a 4 anni (un metro).
    • Aumento medio annuale da 4 a 10 anni: 5-8 cm. all’anno.
  • Peso.
    • Triplica a 1 anno.
    • Quadruplica a 2 anni.
    • Peso medio: 3,5 kg. alla nascita; 10 kg. a 1 anni; 20 kg. a 5 anni; 30 kg. a 10 anni.
    • Incremento medio annuale tra 2 e 10 anni: 2,3 kg. all’anno.
  • Denti.
    • A 1 anno sono: 6-10.
    • A 1 anno e mezzo sono: 12.
    • A 2 anni sono: 16.
    • A 2 anni e mezzo sono: 20.

CRIPTORCHIDISMO.
Significa “testicolo nascosto” e comprende due situazioni in cui il testicolo non è nello scroto, ma si trova nel canale inguinale attraverso cui, al settimo mese di gravidanza, avrebbe dovuto «transitare» per raggiungere lo scroto che è la sua normale collocazione. La prima è
Il testicolo ectopico (fuori posto)
il testicolo è sceso normalmente attraverso il canale inguinale, ma non si è collocato nella borsa scrotale, ma in una posizione diversa e perciò anormale.
Alla nascita lo presenta il 3,4% dei neonati a termine e il 17% dei neonati con peso alla nascita fra i 2 kg e i 2,5 kg, mentre, se il peso è inferiore a 900 gr, lo presenteranno tutti. Però, anche se il maggior numero dei testicoli «scende» spontaneamente entro i primi tre-sei mesi di vita, c’è la possibilità di un a discesa spontanea entro l’anno di età, dopo non avviene più e a questa età si riscontra nello 0,7% dei bambini che perciò andranno operati.
Tutti questi dovranno eseguire prima possibile l’intervento chirurgico per portare il testicolo nella borsa scrotale, cioè nella posizione normale e l’Intervento andrà eseguito più precocemente possibile, sicuramente prima dei diciotto mesi di vita, ma è consigliabile anche proprio all’anno di età, tanto da questo momento in poi la discesa spontanea non avviene più e aspettando si danneggiano solo le cellule terminali, che diminuiscono progressivamente dall’inizio del secondo anno di vita in poi.
Gli altri rischi collegati a questo disordine e che perciò ne consigliano la correzione chirurgica sono che il testicolo che non è presente nello scroto, più facilmente sviluppa tumori, è accompagnato a ernia inguinale e la torsione del testicolo.
Prima dell’intervento chirurgico viene consigliata una cura ormonale per alcune settimane, perché, anche se non dovesse determinare la discesa del testicolo o indurla incompletamente, questi farmaci funzionano come «ricostituenti» per i testicoli, perciò facilitano il successivo intervento chirurgico, che si chiama orchipessia.
Il chirurgo all’inizio dell’intervento cerca il testicolo o nel canale inguinale o all’interno dell’addome e lo porta nello scroto, in modo da non danneggiare i vasi sanguigni e il dotto deferente e chiudendo il sacco erniario.
La seconda è
Il testicolo mobile
È il testicolo che a volte è nello scroto
I genitori devono sapere che la contrazione della borsa scrotale può far spingere il testicolo in alto, cioè nella parte superiore
dello scroto e questo riflesso è favorito dal freddo, cioè dalla bassa temperatura, mentre, all’opposto, il rilassamento e l’ambiente caldo favoriscono sia il rilasciamento della muscolatura dello scroto, sia la discesa del testicolo, perciò il momento migliore per osservare la presenza o meno dei testicoli nello scroto è quando il bambino fa il bagno.
Alla nascita capita che un bambino abbia ambedue i testicoli nello scroto, dopo capita che uno, o addirittura tutti e due non siano più presenti nello scroto. Per risolvere ogni dubbio, i genitori devono osservare il bambino, come abbiamo detto, mentre fa il bagno, perché, se vedono che il testicolo torna nello scroto o, esercitando una lieve trazione, si riesce a riportarlo a posto, questa situazione si chiama testicolo mobile; l’indicazione è di non eseguire nessuna forma di terapia, perché non si tratta di una forma patologica e il testicolo scenderà spontaneamente nello scroto.
Se, però, questo testicolo, che si chiama anche «ad ascensore», tende a stare molto in alto o a «restarvi per molto tempo», la struttura del testicolo può risultare danneggiata, potendo, perciò, ridurre la capacità di produrre spermatozoi e, di conseguenza, incidere negativamente sulla fertilità. Inoltre i testicoli mobili sono più esposti ai traumi e la torsione, pertanto è consigliabile eseguire l’intervento chirurgico. In casi più rari si può avere l’anorchia che è l’assenza dei testicoli.

CRIPTOSPORIDIOSI
(vedi Parassiti intestinali)

CROSTA LATTEA  
(vedi dermatite seborroica del lattante)

CROSTATA
La crostata è il dolce più gradito ai bambini di meno di quattordici anni. Fra i vari tipi la più amata è alla cioccolata.  Si tratta di un’utile informazione per genitori e nonni: Ecco il motivo: la crostata che sanno cucinare tutti per cui è il dolce di famiglia, pertanto  oltre al gusto  unisce l’affetto. E’ morbido, senza parti dure, si vede e si riconosce bene ciò che si mangia. La cioccolata piace molto e fa anche bene. L’ultimo consiglio: preparate la crostata  insieme ai figli, così la festa di famiglia aumenterà e impareranno anche a cucinare che è sistema per combattere l’obesità.

CROUP.
Non c’è motivo di usare il termine francese perché in italiano si traduce: spasmo  laringeo (in corso di infiammazione o infezione  delle vie respiratorie). Se in italiano si vuole usare questo termine onomatopeico che esprime il rumore respiratorio, usiamo almeno la grafia italiana cioè crup.

CUORE.
(vedi Battiti cardiaci)

 
 
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